Da Torino a Nembro in bicicletta
Calabresi: «Tornato per don Matteo»

Il giornalista Mario Calabresi è ritornato a Nembro per salutare il curato don Matteo Cella e rendere omaggio al paese colpito duramente dal coronavirus.

Ha mantenuto la promessa e nel pomeriggio di mercoledì 10 giugno il giornalista Mario Calabresi è arrivato a bordo della sua bicicletta a Nembro, per salutate il curato don Matteo Cella e il sindaco. Calabresi infatti aveva assicurato al giovane curato nembrese che avrebbe trovato il tempo per incontrare ancora una volta quel sacerdote che si è preso cura del paese più colpito dal virus. Un paese diventato simbolo dell’epidemia, come Amatrice lo è stata del terremoto.

Lo scrittore e giornalista italiano, oggi impegnato nella seguitissima newsletter «Altre storie», si è messo in sella lunedì 8 giugno insieme a un gruppo di amici, partenza da Torino: e quel viaggio che prima correva via veloce, 90 minuti di auto o 45 di alta velocità fra Milano e Torino, Calabresi se l’è sudato, agganciando ai 200 chilometri che dividono la Mole dall’Arco della Pace altri 80 chilometri per raggiungere la Val Seriana. Un tour di tre giorni sulle due ruote che ha tanto di simbolico, in questa fase di lento risveglio dall’epidemia. «Ho raccontato la storia di don Matteo in una delle mie newsletter di marzo».

«E le sue parole mi hanno colpito a tal punto che ho deciso di condividerle con alcuni direttori di testate straniere - ricorda Calabresi –. Volevo che, attraverso il racconto di don Matteo, capissero esattamente cosa stava succedendo in Italia. Ebbene, il pezzo con la sua storia è stato tradotto e pubblicato sui quotidiani in Cina, a Singapore, in Germania, in Danimarca, in Irlanda, in Portogallo, in Messico, in Argentina. Insomma, ha fatto il giro del mondo. E non appena si sono allentate le misure di chiusura sono venuto a incontrarlo, a Nembro. Mi ha strappato la promessa di tornarci, e ho deciso di farlo, questa volta in bici».

Un viaggio di 287 chilometri che Calabresi, già direttore di La Repubblica e La Stampa, ha affrontato senza aver mai allenato i muscoli: non a caso ha inforcato una bicicletta a pedalata assistita. «Quando Aldo, Giovanni e Giacomo hanno saputo che userò una ebike, mi hanno chiamato per prendermi per i fondelli. La verità è che ho ideato questo viaggio consapevole che, di questo periodo buio, possiamo conservare alcuni lati positivi. Abbiamo riscoperto il piacere di vivere il territorio, di godere della natura, di un’aria finalmente più pulita. La tre giorni in bicicletta vuole proprio essere un’occasione per riscoprire il tempo lento, fra risaie, canali, fiumi». La bicicletta, non a caso: «È il mezzo ideale per questo periodo, garantisce il distanziamento sociale. E questo viaggio, che si snoda per circa 200 chilometri sulla ciclovia Aida, non l’abbiamo vissuto cronometro alla mano: abbiamo voluto perdere tempo per strada, fermarci a chiacchierare, raccontare tappe e incontri con dirette Facebook e Instagram». La prima tappa è stata Torino-Vercelli, la seconda Vercelli-Milano, la terza è tutta nella Bergamasca, fra Treviglio, Caravaggio, Seriate e Nembro.

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