«Finalmente riapro il mio negozio
dopo quattro mesi di ricovero per il Covid»

Sonia Tosini, parrucchiera, ha ripreso il suo lavoro a Grignano (Brembate). «A un certo punto ero convinta di essere morta, ma ho tenuto duro».

Ormai quei quattro, interminabili mesi sono alle spalle. Sonia è tornata a casa, a Capriate, e ha già ripreso il suo lavoro di parrucchiera, rialzando la saracinesca del negozio di Grignano. La memoria è assolutamente intatta: certo, si stanca più in fretta e la manualità va ancora migliorata: «Secondo i medici recupererò del tutto nel giro di un anno, ma io ho fretta: mi do qualche mese per tornare al 100%».

A fine febbraio i sintomi

Classe 1963, mani abili e spirito forte. A parlarle sembra che Sonia Tosini non sia mai passata attraverso quel tunnel che, invece, l’ha imprigionata da marzo a giugno. Ma c’è quel diario che racconta ogni cosa nei dettagli, angoscia compresa: «I miei parenti hanno tenuto traccia di tutto quello che mi è successo, annotando giorno per giorno l’evoluzione della malattia, le telefonate con i medici, la fase della terapia intensiva. Lì me la sono vista davvero brutta». Passo indietro. Sabato 29 febbraio, a sera, Sonia chiude il negozio: è soddisfatta, il giorno dopo festeggia con le amiche i due anni di attività e nemmeno fa caso a quella strana sensazione di perdita del gusto. Poi arrivano la febbre, la stanchezza, i dolori: «Pensavo alle tonsille, non al covid. Ma il 9 marzo ero ridotta peggio di uno straccio e la diagnosi del medico è stata chiara: polmonite bilaterale con sospetto coronavirus. Ed è arrivata l’ambulanza».

I giorni erano quelli delle grandi incertezze e degli ospedali saturi. «Mi hanno portato a Vimercate, lì mi hanno messo la maschera cpap e quel senso di claustrofobia ce l’ho ancora addosso». Il 14 marzo lo spostamento in terapia intensiva: «Dovevo starci pochi giorni, invece ci sono rimasta più di un mese perché la situazione s’è aggravata parecchio. E i dottori faticavano a essere ottimisti». Poi, pian piano, i primi segnali di miglioramento e un progressivo risveglio. Con tanto disorientamento: «Stavo tornando in me, ma faticavo a ritrovarmi: pensavo di essere comunque morta, ho chiesto addirittura di verificare se nei necrologi comparisse il mio nome!».

Effetti della sedazione profonda, che svaniscono con il trascorrere dei giorni. Da metà aprile la strada si fa via via meno impervia: «Però non riuscivo a muovermi e la cosa mi inquietava parecchio. Poveri infermieri, quante gliene ho fatte passare: sono grata a loro e a tutti i dottori per come mi hanno curato e sopportato».

La riabilitazione comincia il 12 maggio all’ospedale di Seregno. «Che dolore, fra trazioni e schiacciamenti. Ma le fisioterapiste sono state meravigliose nel rimettermi in piedi e restituirmi le mie capacità». Perché Sonia s’è fatta portare tutti i suoi strumenti e ha ripreso confidenza con pettine e forbice: «Il primo taglio è stato durissimo, perché le mani andavano lente. Ma è finita che, un mese dopo, facevo i capelli a tutto il personale».

«La guerra non è finita»

A fine giugno, il rientro: «Ho salutato la mia compagna di stanza, Tiziana, con cui avevo stretto un rapporto fortissimo. E sono salita in macchina con tanta voglia di tornare a respirare… un po’ di smog, perché mi mancava pure quello. I parenti e i vicini mi hanno fatto un sacco di feste e a inizio luglio ho riaperto il negozio». Lì altri palloncini e tante facce conosciute: «Ho subito fatto confusione con gli appuntamenti: non ero abituata a prenderli scaglionati e i primi giorni mi sono trovata il locale ingolfato. Ma che bello rivedere ancora tutti i miei clienti».

«Ho vissuto il dramma della terapia intensiva e ho visto la gente spegnersi accanto a me – conclude Sonia –. Ho sofferto per quei parenti che nemmeno hanno potuto salutare i loro morti; e per i miei cari che erano a casa senza avere certezze. Oggi noto un po’ troppa leggerezza in giro e vorrei dire a tutti: attenzione, questa guerra ha già fatto troppe vittime. E non è ancora finita, né vinta»

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