Il dolore cronico nella vita di tutti i giorni
Una battaglia per non sentirsi mai soli

«Noi dobbiamo abbracciare il dolore e usarlo come combustibile per il nostro viaggio» scrive il poeta giapponese Kenji Miyazawa. È una lotta quotidiana, mai scontata, per chi come Paola Tognetti deve affrontare il dolore cronico, una condizione davvero difficile da sopportare, «una vera e propria patologia», come sottolinea il marito Fabio Perico, medico di famiglia a Gandino.

Hanno scritto a quattro mani il libro «Noi, quelli della sindrome del dolore cronico. Battaglie di una guerra mai vinta» (Edizioni Fs) per accendere l’attenzione sulla condizione di malati spesso fraintesi e abbandonati a se stessi, e per offrire a tutti una testimonianza di tenacia, speranza e resistenza.

L’infortunio 8 anni fa
Sono passati otto anni dall’incidente con cui è incominciato questo difficile percorso: «Paola è caduta in casa da un soppalco - racconta Fabio -, da circa tre metri e mezzo d’altezza. Ha riportato un gravissimo trauma, con uno pneumotorace, fratture costali multiple, fratture vertebrali. È stata ricoverata a lungo in ospedale». Col tempo le ferite si sono rimarginate, ma il dolore è rimasto: «Per la maggior parte delle persone - continua Fabio - gli eventi traumatici si risolvono in una guarigione completa. Ci sono però casi, come quello di mia moglie, in cui ci sono degli strascichi. Per lei durano ormai da otto anni e non siamo ancora riusciti a risolvere questa situazione, nonostante le ricerche, i numerosi tentativi, le terapie».

Nel frattempo, però, hanno continuato la loro vita di sempre: «A darmi la forza di andare avanti - osserva Paola - è soprattutto mio marito. Ci siamo conosciuti nel 2011, l’incidente è avvenuto un anno dopo, finalmente ci siamo sposati il 16 giugno del 2016. Da sempre lavoro come ostetrica in ospedale». Una professione bellissima, come ammette lei stessa, ed è questo a incoraggiarla quando le sue condizioni la mettono duramente alla prova.

Il matrimonio
«Il nostro matrimonio - spiega Fabio - deve adeguarsi a condizioni logistiche un po’ difficili: io lavoro a Gandino e mia moglie a Milano, possiamo stare insieme soltanto nei weekend. In futuro speriamo che la situazione migliori, anche da questo punto di vista. Quando soffri di dolore cronico paghi un prezzo elevato dal punto di vista familiare e sociale». Paola ha infatti bisogno di sostegno costante, dal punto di vista fisico e psicologico: «Mi pesa moltissimo la solitudine - chiarisce -, sarebbe bello poter stare sempre nello stesso luogo e potersi così aiutare a vicenda anche nelle piccole difficoltà quotidiane».

Dalla necessità di avere un luogo in comune e amici con cui confrontarsi è nata l’idea di aprire un gruppo su Facebook: «Come il libro, si chiama “Noi, quelli del dolore cronico”. Ho iniziato quasi per gioco, ma in poco tempo si sono aggiunti oltre 1.300 membri, tutte persone che soffrono di questa patologia e possono trovare ascolto, amicizia e comprensione». Questo gruppo virtuale funziona per 24 ore, perché «uno dei problemi causati dal dolore cronico - dice Paola - è l’insonnia, perciò quando non riesco a dormire è prezioso per me poter parlare con qualcuno, oppure rispondere alle domande degli altri».

L’idea di far confluire tutto il suo percorso in un libro è arrivata nell’aprile dell’anno scorso: «Ci piace leggere - sottolinea Fabio - ma non pensavamo di essere in grado di scrivere qualcosa di sensato. Ci siamo impegnati al massimo per mettere la nostra storia a servizio di altre persone, condividere idee e informazioni. È un testo divulgativo, non tecnico, rivolto a tutti, in cui alla voce di un medico si affianca quella di una paziente. Cerchiamo di far capire come un dolore acuto possa diventare cronico: è una situazione che può scaturire da un incidente, da un grave trauma, come nel caso di Paola, ma anche da altre patologie, come il diabete, un tumore - per esempio come conseguenza di alcuni trattamenti di chemioterapia - e perfino il fuoco di Sant’Antonio».

Il disorientamento
I pazienti con dolore cronico vivono spesso in una condizione di disorientamento: «Ci siamo sentiti a lungo soli - ammette Fabio -, privi di indicazioni precise sulla strada da seguire, nonostante lavorassimo entrambi nel settore sanitario. Abbiamo vagato per tre o quattro anni consultando numerosi specialisti, prima di chirurgia toracica e poi di neurochirurgia, ma senza trovare purtroppo una risposta efficace al nostro problema. Ho scoperto che questo, secondo le statistiche mediche, accade comunemente anche alle altre persone che hanno il nostro stesso problema». Nessuno in quel periodo gli aveva parlato, per esempio, dei Centri per la terapia del dolore: «Io stesso - aggiunge Fabio - pur lavorando come medico di base non ne conoscevo l’esistenza. La legge che li ha istituiti è la n. 38 del 2010, poco prima dell’incidente di Paola. Quando siamo entrati in uno di questi centri abbiamo capito quanto sia diffuso il problema del dolore cronico. Riguarda in Italia una persona su cinque ed è spesso trattato come un sintomo, ma in realtà è una vera e propria sindrome, che rappresenta il punto di raccolta di patologie iniziali molto diverse, con una casistica molto ampia, ma con uno sviluppo analogo: il dolore si centralizza e continua in modo molesto anche dopo che la malattia principale si è apparentemente risolta, condizionando pesantemente la vita. Siamo stati molto felici quando il nostro manoscritto è stato accolto positivamente da una casa editrice scientifica, che ci ha anche aiutato a riorganizzare la struttura del testo in modo da integrare in modo armonioso i nostri punti di vista».

Paola e Fabio hanno continuato con tenacia a cercare soluzioni, senza mai arrendersi, nonostante le difficoltà: «Non è facile - osserva Paola - trovare specialisti davvero disposti ad ascoltare e comprendere i pazienti: purtroppo c’è chi giudica con superficialità, pensa che le cause siano psicologiche e prescrive solo antidepressivi piuttosto che cercare terapie davvero efficaci attraverso un dialogo costruttivo. È vero che noi malati di dolore cronico siamo depressi, ma il dolore è la causa, non la conseguenza di questa condizione. Non esistono vere e proprie linee guida da seguire in casi come il mio, così capita che all’interno di un grande ambulatorio a medici diversi corrispondano linee di comportamento talvolta contrastanti, che provocano disagio nei pazienti. Nei piccoli centri a volte invece mancano informazioni e strumenti specifici. Noi abbiamo gradualmente allargato le ricerche da Milano alla Lombardia, poi all’Emilia Romagna. Abbiamo avuto tante esperienze negative. Alcuni, vedendo che non ottenevamo risultati, ci hanno suggerito per primi di rivolgerci altrove, facendoci sperimentare un grave senso di abbandono: come si fa a comportarsi così con una persona fragile in cerca di aiuto? A volte mi è capitato di sottopormi a procedure invasive, alcune delle quali mi hanno creato gravi complicazioni. Dal 2018 ho individuato un centro in Piemonte, dove sono riuscita ad avviare un percorso positivo, con professionisti capaci di ascoltare, con cui mi sento in sintonia, e la mia situazione è migliorata. Fra i trattamenti efficaci c’è stato l’impianto di un neurostimolatore, che «maschera» gli impulsi dolorosi. Ho dovuto ripetere l’intervento per tre volte, affrontare fastidiosi effetti collaterali, ma il miglioramento ottenuto è sensibile: questo dispositivo riesce a rendere il dolore sopportabile, mi permette di alzarmi dal letto e di affrontare la giornata. Devo comunque continuare a seguire anche una corretta terapia farmacologica».

La pubblicazione
La pubblicazione di Paola e Fabio ha avuto già risonanze positive: «William Raffaeli, presidente dell’associazione amici della Fondazione Isal (Istituto di Formazione e Ricerca in Scienze algologiche) ha letto il nostro testo con interesse e ci ha già proposto di mandargli qualche nostro contributo per un blog, che racconti il punto di vista dei pazienti; ci sembra un’opportunità preziosa e un servizio utile». Secondo la scrittrice e poetessa austriaca di fine Ottocento Marie Ebner von Eschenbach «il dolore è il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime». Così accade anche a Paola e Fabio, che ogni giorno sono chiamati a inventarsi nuovi modi per vivere pienamente la loro vita, apprezzarne la bellezza ed essere felici nonostante la sofferenza: «Accade, per esempio - sorride Fabio -, di trascorrere momenti spensierati durante le poche vacanze che ci concediamo. Abbiamo trovato un compromesso tra esigenze piuttosto stringenti: io non salirei mai su un aereo, Paola non sopporta i viaggi in auto, le creano troppi fastidi dal punto di vista fisico. Il compromesso migliore è la crociera, finora ne abbiamo fatte quattro e per noi è l’ideale: gli spostamenti restando in cabina sono comodi, ci si può anche sdraiare. Quando la nave si ferma possiamo andare a visitare luoghi interessanti dal punto di vista culturale e paesaggistico. Ci appassionano soprattutto i borghi medievali, i castelli, ma ci piace anche seguire mostre sulla storia italiana, in particolare se riguardano il Medioevo oppure la storia moderna e contemporanea, dal Risorgimento in poi». È un interesse che Fabio, appassionato di storia da sempre, ha trasmesso a Paola: «All’inizio - commenta lei - ci andavo solo per fargli compagnia, ma temevo sempre di annoiarmi, poi invece ho scoperto che trovavo quegli incontri molto piacevoli e coinvolgenti e mi sono impegnata io stessa a cercare sempre nuove occasioni di approfondimento. Coltivare sogni e passioni è un aiuto prezioso, un’iniezione di speranza, e ne abbiamo tutti sempre bisogno».

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