Morti Covid, la postina di Nembro
al Requiem di Verdi con Mattarella

A Milano. Eliana Mismetti rappresenterà Poste Italiane alla cerimonia con l’orchestra della Scala. Siederà nei posti riservati a chi ha contribuito di più a garantire i servizi essenziali nel lockdown.

Il suo sguardo concentrato nella preghiera, dentro il dolore non di un paese ma di un’intera valle, è diventato uno dei simboli più intensi della pandemia. Nello scatto rubato da Marco Quaranta che nei giorni dell’emergenza ha raccontato il surreale eppure realissimo clima che attanagliava Nembro come una nube bassa e pesante, Eliana Mismetti è ferma, le dita delle mani incrociate, l’enorme giacca gialloblu addosso. Era il 31 marzo, mezzogiorno in punto, quando tutto si fermò per un minuto di silenzio per ricordare le vittime del coronavirus. Sarà lei, portalettere del paese, a rappresentare domani sera Poste Italiane alla Messa da Requiem di Giuseppe Verdi che l’orchestra e il coro del Teatro alla Scala diretti da Riccardo Chailly faranno risuonare nel Duomo di Milano come omaggio alle vittime del Covid.

Ci sarà lei, Eliana, scelta dal suo Gruppo tra i circa 130 mila dipendenti, 1.500 nella Bergamasca, a sedere tra i posti riservati ai rappresentanti delle categorie che hanno più contribuito a garantire i servizi essenziali nei mesi del lockdown. Seduta qualche fila dietro al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al sindaco di Milano Beppe Sala e all’arcivescovo Mario Delpini. «Non me l’aspettavo, questa notizia mi riempie di orgoglio, pur nella consapevolezza che si riaprirà un dolore grande» è il commento della portalettere Mismetti, 46 anni di Albino, sposata con Alberto e mamma di Alessandro di 15 anni e Anna di 8. Un dolore che l’ha toccata da vicino: «Ho perso due zii, Valerio e Alfredo, e mia zia Maria, sorella del primo e moglie del secondo, da dopo la perdita del marito si trova nella casa di riposo di Nembro e non ho ancora potuto vederla. Ma a Milano rappresenterò soprattutto il dolore di tutta la gente che è morta ad Albino dove abito, ad Alzano da cui ogni mattina noi portalettere partiamo per il giro, e a Nembro: sembrava che cadessero come foglie. E tanti non so nemmeno ora se ci sono ancora. C’è una signora – racconta – che si affacciava sempre dal balcone e per un po’ non l’ho più vista. Avevo paura a chiedere, invece dopo tre mesi è riapparsa alla finestra e mi ha raccontato la sua storia». Eliana non poteva scambiare il saluto quotidiano con lei perché la signora si trovava intubata al San Raffaele.

Tutti chiusi in casa

«È stato un periodo pesante, ma dobbiamo andare avanti. Ho saputo di tante persone che sono venute a mancare dai vicini, di gente a cui magari dopo due mesi è morto anche il marito o la moglie. In quei mesi erano tutti chiusi in casa, suonavo e andavo via – ricorda –. In alcuni c’è ancora la fobia a uscire, anche se è tornata la voglia di parlare con noi portalettere ma a distanza, penso sia una cosa istintiva. Da tante persone ho poi saputo che si trovavano malate in casa, anche gente di 40 anni, per un mese o più: veramente è stato un uragano, una cosa di cui rimarrà sempre memoria. Pensare che fuori provincia ancora tanti non credono sia successo questo da noi, a Rimini, ad esempio, qualcuno mi ha detto che abbiamo un po’ montato tutto...».

Da marzo a oggi certo il clima è migliorato, ma il segno resta. «Tanti ancora oggi mi chiedono di lasciare le raccomandate nella cassetta della posta, per paura. E venerdì, quando ho visto i camion dei militari, mi è venuto un colpo al cuore, per fortuna avevo letto sul giornale che sarebbero arrivati per portare i banchi di scuola».

In Duomo domani (la diretta su Rai5 e Radio3 dalle 20,30) Eliana indosserà la giacca delle Poste. «Mi accompagnerà a Milano mio marito che però non potrà fermarsi, i posti sono numerati – spiega –: fa l’autista di camion, ha lavorato fino al lockdown, poi è rimasto fermo e io da mamma dico per fortuna, visto che c’erano i ragazzi a casa. Ora dobbiamo sperare che vada tutto bene, perché i ragazzi hanno bisogno di tornare a scuola. Abbiamo bisogno di tornare alle nostre abitudini, almeno alcune: mia figlia doveva fare la Prima comunione a maggio, invece è stata fissata il 1° di novembre». Il giorno dei Santi.

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