Nembro si mobilita per la Casa di riposo
In due mesi già raccolti 300 mila euro

Gara di solidarietà. Tra i donatori una ultranovantenne che si è detratta 10 centesimi al giorno

L’obiettivo è quasi raggiunto, ma la vera notizia è la «meravigliosa gara di solidarietà» che si è messa in moto. Chi fa notare che in questa seconda ondata della pandemia è venuta meno la coesione, che ognuno si arrangia come può da sé, faccia un giro a Nembro. Paese tra i più colpiti dal Covid la scorsa primavera, ora ha ingaggiato, unito, un’altra battaglia: quella per salvare la «sua» casa di riposo, a rischio chiusura dopo la dolorosa morte di 34 dei suoi 87 ospiti e il conseguente vuoto alla voce entrate, qualcosa come 50 mila euro in meno al mese. E ci sta riuscendo, a suon di vendite in piazza, donazioni più o meno cospicue da parte di singoli cittadini e aziende, pizzate con consegna a domicilio e artigiani che rinunciano a omaggiare i loro clienti e, per Natale, versano il corrispettivo dei cadeaux alla struttura di via Frati.

L’appello per fare quadrato intorno alla casa per anziani è partito nella seconda metà di ottobre, quando il presidente Valerio Poloni della Fondazione Rsa Casa di riposo Nembro onlus ha portato alla luce che «la violenta epidemia ha causato, oltre al tremendo dolore delle perdite umane, uno squilibrio nella gestione economica. Ogni mese manca il 40% delle entrate e il 20% del personale va in cassa integrazione. La casa non ce la fa più: per i prossimi mesi sono necessari 400 mila euro di introiti, senza i quali si dovrà chiudere». In appena due mesi ne sono stati raccolti 300 mila: «Le persone hanno risposto in maniera stupenda – ­commenta Poloni, succeduto il 1° aprile scorso a Giuseppe “Bepi” Pezzotta, classe 1939, morto per Covid –: un’operazione di questo tipo in poco tempo è stata possibile grazie al lavoro di squadra che ha coinvolto enti e persone del territorio, dall’amministrazione comunale a parrocchia, oratorio, associazioni di Nembro, da quelle di volontariato alle sportive».

Un lavoro che ha visto i Comitati di quartiere impegnati nel volantinaggio e nella vendita di bottiglie di vino accompagnate da un biglietto dedicato alla casa di riposo: «Dieci euro al pezzo, sono volate – dice Poloni –. Nembro sta dimostrando una grandissima generosità con donazioni piccole e grandi: una signora ultranovantenne ci ha donato 7 euro, raccolti mettendo da parte giornalmente i 10 centesimi che risparmiava dalla pensione minima, dovendo anche pagare l’affitto. Quando ho visto questa cosa mi sono commosso e sentito in dovere di scriverle una lettera per ringraziarla: sono queste le cose che ti fanno andare avanti nelle difficoltà. Ci sono anche persone che hanno donato 60 mila euro. Questa situazione ha fatto venire alla luce una sensibilità enorme. Siamo sempre inondati da cattive notizie – prosegue Poloni –, invece quando si va a toccare con mano la consistenza di questa mobilitazione, ci si rende conto della profondità della nostra gente. Una cosa spettacolare».

Andare avanti, a fronte di una perdita così importante, 34 ospiti su 87, sarebbe stato complicato, «avremmo dovuto fare affidamento sui prestiti bancari – spiega Poloni, ex bancario e pure segretario del sindacato Fabi –. Purtroppo abbiamo anche dovuto far ricorso alla cassa integrazione per circa 2 mila ore e non abbiamo potuto confermare i contratti a tempo determinato in scadenza e nemmeno sostituire il personale andato in quiescenza: erano 85 operatori in tutto e attualmente sono 75».

Quanto ai nuovi ingressi, «le ammissioni di nuovi ospiti si sono sbloccate dal giugno, ma sono stati fatti gradualmente, dopo i periodi di isolamento stabiliti dalle direttive – aggiunge il presidente –, quindi il riempimento non è stato immediato. Attualmente sono 78 su 87 posti disponibili: dobbiamo tenere delle camere libere nel caso in cui qualche nostro ospite manifesti sintomi». Eventualità che per ora non si è manifestata, visto che i tamponi effettuati sia su utenti che sul personale sono risultati finora negativi.

Certo si fa fatica a tirar sera senza aver potuto abbracciare i propri parenti. «Ci siamo imposti di fare almeno due videochiamate la settimana, il che non è facile per le capacità residue dei nostri ospiti. Stiamo cercando di allestire una stanza degli abbracci, ma si pongono problemi logistici, purtroppo permane il divieto assoluto di accesso alla struttura. Ma sono convinto che ce la faremo, così come sono convinto che raggiungeremo la cifra necessaria a poterci dire tranquilli».

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