Pesenti: «Le feste siano sobrie
A Natale una ripresa dei contagi è certa»

Il responsabile delle Terapie intensive Covid della Regione. «Speriamo di contenere i nuovi casi anche in zona arancione. Feste sobrie».

Cautela, ma anche un po’ di preoccupazione. La Lombardia che passa in zona arancione con i ricoveri in ospedale ancora numerosissimi potrebbe rappresentare un rischio, non tanto nelle prossime settimane, quanto dopo le feste di Natale. «Il calo dei contagi c’è, e questo è un dato attuale – spiega Antonio Pesenti, responsabile delle Terapie intensive Covid della Regione –, ma i numeri delle terapie intensive ci dicono che siamo ancora al plateau; la fase di discesa non è ancora cominciata». E davanti c’è un dicembre in cui le misure restrittive verranno allentate, soprattutto per dare ossigeno all’economia. Le prossime settimane saranno dunque fondamentali per capire l’evoluzione della pandemia nei primissimi giorni del 2021. Se ci sarà o meno una terza ondata, come temono in tanti, dipenderà soprattutto dal comportamento di ognuno.

Professor Pesenti, lei è preoccupato per l’uscita della Lombardia dalla zona rossa?
«I contagi in effetti stanno diminuendo, ma non so se riusciremo a tenerli bassi con la zona arancione. Evidentemente gli esperti hanno calcolato il punto dove presumibilmente potremo arrivare prima di Natale, perché di sicuro in quei giorni una ripresa ci sarà. Si tratterà di capire se riusciremo a partire da un punto sufficientemente basso per evitare di salire di nuovo troppo in alto. Ma mi fido abbastanza delle previsioni degli epidemiologi».

Qual è la situazione attuale negli ospedali?
«La pressione sulle Terapie intensive dà segnali di alleggerimento e questa è già una buona notizia, ma non abbiamo ancora iniziato davvero a scendere; il calo è ancora di poche unità al giorno. I pronto soccorso, invece, non sono più affollati di persone potenzialmente positive al Covid, come qualche settimana fa».

Per allentare la pressione sulle strutture sanitarie, Giuseppe Remuzzi e altri medici hanno pubblicato un documento che invita i medici di famiglia a curare i malati di Covid a casa, soprattutto nella prima fase della malattia.
«Curare i pazienti a domicilio è un’alternativa, perché esiste un livello della malattia che potrebbe essere curato da un medico o da un infermiere, senza ricorrere a un ricovero in ospedale. Ma bisognerebbe avere un sistema in grado di farlo: non è che la gente non vuole farsi curare a casa, il problema è che adesso è praticamente impossibile. A Milano entrare in contatto con un medico di base è difficile. Servirebbero strutture dedicate, penso a cliniche mobili, pullmini… Detto questo, grandi cure per il Covid ancora non ce ne sono. Più passa il tempo, più si eliminano farmaci, perché viene dimostrato che non servono. Il salvavita resta l’ossigeno, con l’eparina e gli antipiretici».

Tornando alla zona arancione, il passaggio era obbligato, considerati gli indicatori che il Governo ha preso come riferimento. Si sarebbe dovuto agire diversamente?
«Adesso abbiamo queste regole e le seguiamo, evidentemente qualcuno ci avrà pensato. Il Comitato tecnico scientifico è fatto di gente esperta; si tratta di trovare un compromesso ragionevole fra le necessità della sopravvivenza del business e quella di contenere il contagio. Ma soprattutto la gente non deve pensare che sia cambiata la malattia. Il Covid c’è ancora e bisognerà continuare a essere il più cauti possibile: non si può ricominciare a vivere come se niente fosse».

Riaprire i negozi dopo un altro mese di stop era pressoché inevitabile.
«Il problema non è riaprire i negozi, ma evitare gli affollamenti al loro interno e far sì che la gente non faccia code per la strada. Per fortuna, grazie anche alla stagione invernale, tutti continuano ad indossare la mascherina, ma i negozi sono ambienti chiusi e se ci si ritrova in tanti, le possibilità di infettarsi salgono in maniera importante. Per le scuole, invece, il rischio di infezione in classe è molto basso, soprattutto se si mantiene una certa disciplina. In quel caso, il pericolo arriva da quel che succede fuori».

Cosa si sente di dire alla popolazione in vista delle festività?
«Dovete stare attenti: o fate il Natale a casa, o fate l’Epifania in ospedale. Le feste si dovranno passare solo con i familiari più stretti, non ci sono alternative. Sono i comportamenti individuali che fanno la differenza».

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