Seriate, due giovani alla conquista del Sahara in Panda - Foto

Filippo Amigoni e Michele Boschini sesti su 103 partenti. Hanno fatto 1.800 km tra le dune su una vettura ricostruita da loro stessi.

«Il bergamasco Filippo Amigoni in coppia con Michele Boschini è stato il migliore della scuderia Omega nel Panda Raid 2021»: così le riviste specializzate di motori danno merito a due giovani bergamaschi, e seriatesi, che nella gara estrema Panda Raid, nel Sahara del Marocco, si sono classificati al sesto posto, in piena top ten, su 45 equipaggi giunti all’arrivo, ed erano partiti in 103. Filippo e Michele hanno entrambi 24 anni, lavorano, e un paio di anni fa è balenata loro l’idea di partecipare al Panda Raid. Che è una gara al limite, 1.800 km in sei tappe, nel fascino ma anche nelle difficoltà, fino ad allora mai sperimentate, del deserto. «Dove d’improvviso ti vedi accerchiato da alcuni bambini spuntati dal nulla, lì c’è il nulla - raccontano Filippo e Michele - e d’improvviso come sono comparsi, così scompaiono: sono come il miraggio delle dune che a volte sembrano ondeggiare nell’aria. Ma sono bambini veri e gli allunghi qualcosa che hai portato apposta da casa: caramelle, dolci, quaderni, penne».

Al Panda Raid si partecipa solo con un’auto Panda primo esemplare, o la Marbella. Decisi di fare il raid i due amici hanno acquistato una Panda del 1988 nel Bresciano, e l’hanno attrezzata a puntino: sedili da rally, rinforzi alla carrozzeria, taniche di benzina, estintori, pannello delle strumentazioni, fari a led, bussola, ventole, un particolare Gps: «nostra carta vincente» interviene Michele.

Complice la pandemia Filippo e Michele si sono dedicati alla Panda, tutte le sere dopo il lavoro, sabato e domeniche compresi. «Niente apertivi e discoteche: c’era la Panda da fare. Sono stati proprio bravi, in tutto»: è l’ammirazione di mamma Luciana.

Vera impresa quella di Filippo e Michele visto che per la prima volta affrontavano le insidie del deserto, la sua monotonia, sabbia e dune, dune e sabbia; che l’equipaggio dev’essere in sintonia, sempre, soprattutto quando sembra che si debba andare a sinistra e invece Michele (navigatore) decideva di andare a destra: ed era l’indicazione giusta; che di sera bisognava montare e smontare la tenda, in cui dormire con un occhio solo perché se passeggia uno scorpione …; che bisognava adattarsi ad un’escursione termica estrema fra giorno e notte.

Le regole del Panda Raid sono simili a quelle della leggendaria Dakar, solo che anziché super-macchine rombano solo vecchie Panda. Dodici giorni indimenticabili, dal 20 ottobre al 2 novembre; sei tappe nel deserto, da Nador a Marrakech, con sole, caldo e freddo, imprevisti a cui si deve far fronte con proprie abilità psichiche, mentali e tecniche; si deve decifrare nell’assoluta uniformità del deserto le indicazioni sul Roadbook, tom tom cartaceo, e decidere dove andare su strade che non ci sono, sparite per di più anche le piste dei beduini levigate dalla scarsa frequentazione a causa del Covid.

Però. I giovani seriatesi hanno vissuto un’esperienza esaltante, hanno visto il cielo stellato e la via lattea che nel cielo di Lombardia non c’è più; hanno provato l’estremo e l’hanno battuto, hanno perseverato quando si infilava subdolo lo sconforto.

Per Filippo «la cosa più bella è stata quella di aver partecipato ad una gara massacrante con una macchina fatta tutta da noi, e di vedere in quei giorni crearsi una grande famiglia in cui tutti, mai visti prima, si parlavano». Stesso pensiero di Michele: «la macchina, la nostra vittoria: mai avuto un guasto tecnico mentre quelle di piloti esperti si rompevano. Ci abbiamo lavorato tanto, ma ne è valsa la pena».

Con il Panda Raid, Filippo e Michele hanno anche contribuito ad un’azione benefica a favore di un’associazione locale che si occupa di disabili alla quale l’organizzazione ha versato parte della quota di iscrizione alla gara per l’acquisto di carrozzelle e stampelle.

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