A Bruxelles si lavora
a una nuova idea d’Europa

Mentre Salvini suicida il governo, del quale è stato attore indiscusso, a Bruxelles e dintorni si lavora a una nuova idea di Europa. Olli Rehn, ex commissario europeo, ora presidente della Banca centrale di Finlandia e quindi membro autorevole della Banca centrale europea, rilascia un’intervista al Wall Street Journal nella quale non solo sostiene la linea di Mario Draghi ma dice sia necessario un forte intervento in autunno per immettere nuova liquidità sui mercati, da parte della Bce. In Germania passa come un’ovvietà.

Non uno dei famigerati economisti «mangia draghi» alza il sopracciglio. Anche Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, aveva detto in primavera, forse nella speranza di poter succedere al presidente Bce, che la politica di espansione monetaria non è poi così male. Cosa sta dunque succedendo? L’avanzata del populismo alle scorse elezioni europee, Brexit e un possibile Italexit hanno reso chiaro che il tempo del compromesso continuo alla Merkel è finito e il re è nudo. Cioè la Germania non può più nascondersi, se perde l’Europa o una sua parte è finita anche per il miracolo economico tedesco.

Questo spiega la scelta di un ministro tedesco alla guida della Commissione. Non si agisce più per interposta persona e l’intermediazione «ciò che fa bene alla Germania fa bene all’Europa» salta. Berlino ha i suoi interessi immediati in Europa e non li cela più. Li garantisce Christine Lagarde alla Bce come successore di Draghi. Una politica monetaria che permetta alla Francia la tradizionale violazione del deficit di bilancio adesso fa comodo anche alla Germania. Deutsche Bank e Commerz Bank sono cariche di tossici, cioè titoli derivati rimasti in pancia dal tempo della grande bolla, se la recessione continua per gli istituti bancari tedeschi aumenteranno i crediti inesigibili. Quando l’economia va in crisi sono molte le imprese che si trovano in difficoltà e per gli istituti finanziari diventa difficile recuperare il denaro prestato. Una congiuntura simile diventa insostenibile per i due colossi finanziari tedeschi, uno dei quali Deutsche Bank, è anche gravato da multe colossali accumulate in Usa ad opera degli organi di controllo e di sorveglianza americani. Quindi ben venga una politica accomodante da parte della Bce. Vi sarebbero stimoli per l’economia e garanzie per i bilanci bancari. Ma vi è anche un lato politico da mettere in conto. Donald Trump con la minaccia di introduzione dazi sui prodotti icona dell’economia tedesca, vedi auto e macchinari, ha portato la dirigenza tedesca a miti consigli. Non si può approfittare a vita della congiuntura favorevole senza rimettere in circuito i surplus commerciali accumulati. Vuol dire pensare solo a se stessi e non distribuire alla comunità economica internazionale quanto il commercio estero ha reso possibile. Inoltre vuol dire imporre un’egemonia e togliere opportunità a nuove produzioni.

Ed è proprio a questo predominio che gli Stati Uniti si ribellano. Lo fanno con l ’arroganza di chi è abituato a essere primo e non accetta ruoli subalterni, ma mettono il dito nella piaga. Di fronte a Washington, Berlino diventa un moscerino. Da qui la necessità di una cintura di sicurezza europea. E questa la si può ottenere con una maggiore solidarietà inter-europea che tenga conto dei risvolti sociali dei singoli Stati membri. I governi italiani lo chiedono da tempo e non averli ascoltati ha esasperato il malessere e ha portato Salvini alla soglia del successo. Per i pavidi europei c’era bisogno del lupo e l’uomo di via Bellerio ha svolto il ruolo. A Berlino hanno capito la lezione e un’Europa meno germanocentrica non rientra più solo negli interessi italiani. È diventato un interesse nazionale tedesco.

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