Aiuti europei, grande
schiarita per l’Italia

La quarta puntata della Recovery Fund Story in scena a Bruxelles vede una notevole schiarita per l’Italia: l’ammontare complessivo dell’ultima proposta che il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha inviato alle delegazioni è di 750 miliardi, di 390 miliardi di sussidi (dunque a fondo perduto) e 360 di prestiti (da restituire si spera in tempi lunghi e tassi convenienti). Per Roma si tratterebbe di un consistente tesoretto: l’accordo porterebbe al nostro Paese 209 miliardi di euro, di cui 82 di sussidi e 127 di prestiti. Se venissero confermati questi 209 miliardi, si tratterebbe di una cifra superiore a quella della proposta iniziale della Commissione, che si fermava a 173. Una mano dal cielo che ci permetterebbe di riconvertire l’Azienda Italia attraverso grandi opere strutturali, digitali ed ambientali («green», come dicono quelli che vogliono adoperare il lessico sofisticato).
L’ultimo piatto sul tavolo del Consiglio europeo è il risultato di un’estenuante trattativa che come è noto vede i Paesi dell’Unione coalizzati contro i cosiddetti «frugali» (che poi tanto frugali non sono), ovvero Olanda, Austria, Svezia e Danimarca, cui si è aggiunta la Finlandia.

La loro posizione di veto sta diventando insopportabile non soltanto per Conte ma anche per gli altri capi di Stato e di Governo, vista l’ottusità e l’ostinazione con cui il gruppo, capitanato dal premier olandese Rutte, continua a porre limiti, pretese e veti.

L’Olanda vorrebbe addirittura il potere di controllo sulle politiche di riforma degli altri Paesi. Una posizione inaccettabile, non solo perché da quelle parti vige una doppia morale - frugali nei bilanci ma furbetti nell’attrarre i capitali di mezzo mondo in cambio di tasse più basse sui capitali e artifici giuridici per eluderle – ma anche per i vantaggi che ogni cittadino di questi Paesi lucra all’Unione (5 mila euro procapite in cambio di contributi che non superano i 500, mentre un cittadino italiano o francese, per dire, ne versa 2 mila, quattro volte tanto). Per non parlare della totale mancanza di solidarietà, dentro una istituzione nata soprattutto per unire l’Europa. Una posizione talmente inaccettabile che persino la Germania, che ha sempre insistito sul rigore finanziario, li ha abbandonati al loro destino. Persino l’Ungheria di Orban, capofila dei Paesi euroscettici di Visegrad, attacca l’Olanda. Lo scopo della politica ostinata di Olanda & C. è naturalmente quello di alzare la posta, tanto è vero che i «frugali» sono riusciti a portare a casa succulenti rimborsi.

Vedremo chi la spunta. Dobbiamo ammettere che l’ostinazione, anzi la «tigna» pugliese di Giuseppe Conte, nel mirino degli olandesi, sta producendo i suoi frutti. Ma la parola fine non è stata ancora scritta. Uno dei grandi temi al centro del vertice europeo è anche la governance del Recovery Fund: ovviamente un campo d’azione chiave per questo tipo di operazione finanziata dai mercati e garantita dal solido bilancio dell’Unione. L’ultima proposta di compromesso del presidente del Consiglio europeo Charles Michel prevede che i piani presentati dagli Stati membri vengano approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata in base alle proposte presentate dalla Commissione. Il rispetto delle tabelle di marcia e degli obiettivi dei piani nazionali sarà affidato al Comitato economico e finanziario, gli sherpa dei ministri delle Finanze. Se in questa sede, «in via eccezionale», qualche Paese riterrà che ci siano problemi, potrà chiedere che la questione finisca sul tavolo del Consiglio europeo prima di ogni decisione. E probabilmente in questo passaggio che i «frugali» tornerebbero a farsi risentire con i loro veti ricattatori. Ma non devono tirare troppo la corda: perché sono sempre più isolati.

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