Clima, basta dubbi
è l’ora di agire

C’è stato un momento, fra il 1979 e il 1989, in cui i rappresentanti politici e la grande industria si sono dimostrati disposti a mettere in primo piano la tutela del pianeta e a collaborare con scienziati e attivisti per affrontare le conseguenze del riscaldamento globale. In più occasioni, durante quel decennio, le maggiori potenze mondiali sono arrivate a un soffio dal condividere un serio impegno sul cambiamento climatico. Lo ricorda lo scrittore americano Nathaniel Rich in «Perdere la Terra».

Un libro imperdibile per chi voglia saperne di più su una questione, cruciale per il futuro stesso dell’umanità, negata ancora, incredibilmente, dal presidente in carica negli Usa fino al gennaio scorso, Donald Trump, che ne nascondeva, goffamente, le evidenze scientifiche.

Il volume «Cambiamenti climatici 2021 - Le basi fisico-scientifiche», diffuso ieri, è il primo dei tre del sesto rapporto, che sarà pubblicato nel 2022, dell’Ipcc, il gruppo di scienziati esperti in cambiamento climatico istituito dall’Onu fin dal 1988. E lancia il nuovo allarme. Nel 2019 le concentrazioni atmosferiche di CO2 sono state le più alte degli ultimi 2 milioni di anni e quelle degli altri principali gas serra, come il metano, le più elevate degli ultimi 800 mila anni. Negli ultimi cinquant’anni la temperatura della Terra è cresciuta a una velocità che non ha uguali in duemila anni, il livello del mare in una mai vista in tremila. Il nuovo documento esce in vista del G20 di ottobre a Roma e della Conferenza sul clima di Glasgow a novembre, preceduta a Milano da un evento, la pre-Cop, con giovani da tutto il mondo. I giovani che, due anni fa, a milioni erano scesi nelle piazze, aprendo finalmente gli occhi dell’opinione pubblica su quella che lo scrittore indiano Amitav Ghosh chiama «La grande cecità». «Nessuna sorpresa dal rapporto Onu», ha commentato giustamente ieri la giovane attivista svedese Greta Thunberg, ispiratrice del movimento dei «Fridays for Future» con gli scioperi per il clima.

Il Covid ha cambiato l’agenda delle emergenze. Ma non dimentichiamo che le pandemie sono strettamente legate al nostro rapporto malato con l’ambiente, le foreste e gli animali selvatici, così come il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici sono connessi alle emissioni di gas serra delle attività umane a partire dalla Rivoluzione industriale. L’uso sempre più massiccio di combustibili fossili è la causa principale dell’effetto serra. Incide anche la deforestazione. Le conseguenze sono già sotto gli occhi di tutti, anche nella Bergamasca. L’atmosfera resa più calda dai gas serra porta più carburante ai fenomeni meteorologici. Per questo motivo, i temporali sono più violenti, le piogge più intense, i fulmini più frequenti, le grandinate più numerose e devastanti. Il clima diventa sempre più estremo. Le ondate di calore inaudito agevolano la diffusione degli incendi, drammaticamente estesi in questa stagione nel Mediterraneo.

Gli scienziati dell’Ipcc richiamano i governi alla necessità urgente di un’azione per il clima, per fermare il disastro verso il quale sta andando la Terra, eliminando gradualmente i combustibili fossili, compreso il metano, e riducendo drasticamente le emissioni entro questo decennio, per limitare l’aumento medio della temperatura entro 1,5-2 gradi nel 2100. Un’impresa ambiziosa, ma ancora possibile. Ora bisogna far seguire i fatti alle parole. Gli interessi in gioco sono moltissimi, perché occorre cambiare il modo in cui generiamo energia e ci muoviamo. Quelli che Naomi Oreskes chiama i «Mercanti di dubbi» troppo a lungo hanno diffuso informazioni false, per ostacolare la transizione e impedire il cambiamento che, se compiuto quarant’anni fa, quando tutto era già chiaro, ci avrebbe evitato le conseguenze più traumatiche.

Nel 2015 la profetica «Laudato si’» di Papa Francesco e l’Accordo di Parigi avevano indicato la strada. La Commissione europea ha assunto obiettivi sempre più sfidanti, fino ad arrivare a -55 per cento di emissioni entro il 2030 e ad azzerarle nel 2050. I timori per i settori economici più esposti alla transizione ecologica non devono rallentarla. I governi li devono accompagnare con misure eque e responsabili, per evitare reazioni improvvide, ma non conservative. Il Green Deal e il Piano nazionale di ripresa e resilienza, del resto, sono sostegni importanti proprio in questa direzione. Le parti sociali stanno capendo come la transizione ecologica sia un’opportunità più che un rischio, un treno su cui conviene salire in fretta. L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili stima che le nuove fonti creeranno circa 300 mila nuovi posti di lavoro in Italia. L’Agenzia internazionale dell’energia, in «Net zero by 2050», ricorda che due terzi dei mestieri «verdi» saranno a competenza elevata. La politica, la scuola, l’università, e anche la stampa, devono fare la propria parte per un cambio di passo culturale, decisivo per il futuro. C’è da agire, subito. La scoperta rapidissima dei vaccini per il Covid dimostra come, quando si vuole, si può.

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