Commissioni alla Lega
Ostacolo al governo

Per il secondo governo Conte non pochi problemi potrebbero derivare dalle undici delle ventotto Commissioni parlamentari che saranno in mano alla Lega fino al termine del 2020. Per regolamento è previsto, infatti, che non si possano sfiduciare o sostituire i presidenti di Commissione prima che sia trascorsa metà della legislatura. Tra le commissioni più importanti vi sono quella del Bilancio della Camera, presieduta da Claudio Borghi, e Finanze e Tesoro, presieduta da Alberto Bagnai.

Entrambe sono essenziali e strategiche per un esecutivo chiamato a varare in tempi rapidi la manovra e la legge di bilancio. I loro presidenti, dai quali Salvini non ha mai preso decisamente le distanze, sono noti per l’avversione all’Europa dalla quale hanno auspicato in più occasioni l’uscita spingendosi, tra l’altro, sino alla previsione dell’emissione di «mini bot», che avrebbero dovuto rappresentare un fantasioso esperimento per la futura fuoriuscita dall’euro. Claudio Borghi, quando M5s e Pd erano alle prese con le consultazioni, ha dichiarato: «Ricordo a chiunque sognasse governi alternativi che i presidenti di commissione non decadono… Sono pronto a seppellire gli amici del M5S con le leggi che mi hanno bocciato».

Non è stato da meno il bergamasco Calderoli, grande esperto di regolamenti parlamentari il quale, intervistato da Libero, ha dichiarato: «La Lega è l’unica forza politica in grado di fare davvero opposizione. A Palazzo Madama la maggioranza è risicata e noi controlliamo molte commissioni. Se anche l’esecutivo dovesse nascere, sarà facile metterlo in difficoltà sotterrandolo sotto milioni di emendamenti».

C’è da aspettarsi, dunque, che tutti i presidenti delle Commissioni in mano alla Lega abbraccino un impegno comune per condurre una lotta serrata al governo senza esclusione di colpi. Del resto, è proprio questa la ragione per cui nessuno di loro si sia dimesso nonostante sia venuto meno il governo che li ha nominati, a conferma di quanto l’affezione alle «poltrone» e una certa filosofia di pensiero smaccatamente speculativa e utilitaristica appartengano trasversalmente a gran parte dei nostri politici.

C’è da chiedersi, quindi, cosa in concreto possa derivare dalle commissioni. Il presidente, che dirige i lavori e stabilisce calendario e tempi di discussione, può riuscire a rallentare il percorso dei vari disegni di legge, ammettendo la maggior parte possibile degli emendamenti e orientandone l’approvazione o la bocciatura. A questo punto, quali potranno essere le mosse di Pd e M5s per evitare che l’azione del governo si complichi irrimediabilmente? Esiste la possibilità di appellarsi al presidente delle Camere contro l’operato di un presidente di Commissione che sia palesemente orientato a non collaborare allo svolgimento dei lavori o addirittura a ostacolarli. Altra possibilità è quella di far dimettere in blocco tutti i componenti dei partiti che hanno costituito il governo e chiedere di conseguenza al presidente di Camera o Senato, a seconda della commissione, di ricostituirla e di convocarla per eleggere un nuovo presidente che sarebbe, in questo caso, espressione della maggioranza. Naturalmente, tutto ciò comporterebbe, in ogni caso, tempi abbastanza lunghi che non potrebbero non pesare sull’azione del governo, ritardandone o compromettendone gli effetti. La domanda che a questo punto molti si fanno è se questa forte opposizione preannunciata dalla Lega - con l’utilizzo delle Commissioni parlamentari, ma anche con il ricorso a riunioni di piazza di cui si è avuto un chiaro segnale a Pontida - potranno bastare per portare alla crisi l’attuale governo. Le probabilità non sono molte, se si considera il comune interesse del M5s e del Pd a ritardare il più possibile le elezioni, sperando con l’azione del governo di raccogliere un maggior numero di consensi. Anche Renzi, che con una mossa inaspettata da vero animale politico ha voluto questo governo e successivamente ha lasciato il Pd, ha interesse ad attendere i tre anni di fine legislatura per dare forza e sostanza alla sua nuova formazione politica. Dopo tutti i ribaltoni cui abbiamo assistito negli ultimi due anni, però, ogni previsione lascia il tempo che trova.

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