Digitale e scienza
creano lavoro

I tre vettori guida del lavoro per i prossimi anni saranno la sanità come settore, il digitale come competenza trasversale e la formazione per la maturazione e la crescita di nuove figure professionali. Ce lo dice un report dal titolo «Il lavoro del futuro», effettuato dalla start up Alteredu con la collaborazione di Unioncamere. L’indagine si propone di «fornire previsioni sul fabbisogno occupazionale in un orizzonte a medio termine, per permettere ai professionisti e agli studenti scelte formative pensate tenendo conto dei dati relativi alla maggior parte dei settori economici». Lo studio parte dalla costatazione che la pandemia - destinata secondo le ultime previsioni a proseguire con conseguenze cliniche sempre meno gravi per i prossimi due anni - ha fatto sì che aumentasse la domanda di competenze in ambito sociosanitario, determinando di fatto la fine di alcuni settori e di alcune specializzazioni, nonché la crescita di altri comparti e lo sviluppo di nuove competenze.

Con la rapida espansione del Covid, la trasformazione digitale ha subito un’accelerazione più che dirompente, assumendo dall’oggi al domani un ruolo imprescindibile nelle nostre vite. Un complessivo cambiamento di visione finalmente legato più ad aspetti di utilità che di mera comodità. Lavoro, didattica, acquisti, assistenza medica, burocrazia. Molto di ciò che prima si pensava fosse necessario svolgere in presenza, ci si è resi conto che poteva essere gestito con egual cura e qualità anche a distanza. L’acquisizione di nuove competenze digitali è quindi divenuta un’esigenza primaria per rendere possibile l’adempimento di varie incombenze quotidiane. Un’esigenza che assume oggi un ruolo ancor più centrale e vitale per tutte quelle realtà imprenditoriali che intendono mantenere la propria competitività sul mercato globale e che avranno bisogno di professionisti dalle competenze sempre più specialistiche, in grado di far fronte alla crescente espansione delle tecnologie di intelligenza artificiale e automazione industriale.

Si tratta di nuove competenze e professionalità che interessano ormai tutti i settori e le funzioni aziendali e che richiedono un giusto mix tra conoscenze tecnologiche «hard skill» e professionalità e abilità personali «soft skill». L’analisi di Alteredu, basata sull’utilizzo di complessi modelli matematici, indica quali saranno i settori lavorativi interessati da maggiore occupazione, almeno fino al 2024: «Nell’ambito della formazione e della ricerca è stato stimato un fabbisogno di circa 245mila unità; il settore scienze della salute richiederà circa 213mila nuovi professionisti e tecnici; nelle attività commerciali sarà necessario personale qualificato per circa 175mila nuovi dipendenti; nelle attività amministrative e finanziarie si richiederanno 162mila dipendenti; nelle scienze sociali ed umane 137mila unità».

Viene inoltre sottolineato quanto sia importante nei nuovi contesti lavorativi saper comunicare in modo efficace, avere attitudine al lavoro di gruppo e capacità di adattamento, gestire lo stress, così come avere propensione a pianificare e organizzare. Occorrerà una spiccata curiosità necessaria per comprendere e confrontarsi quotidianamente con l’intelligenza artificiale e la tecnologia. In controtendenza rispetto al preconcetto dominante che vede spesso prevalere una visione conflittuale tra tecnologia e rischio occupazionale, il report riassume le stime più recenti sulla creazione e la distruzione di posti di lavoro, partendo dalla convinzione che le tecnologie digitali influiscano più sui compiti che sull’occupazione. Esse non si limitano a creare o distruggere posti di lavoro, ma cambiano ciò che le persone fanno e, soprattutto, come lo fanno. La capacità del nostro Paese di porre al centro degli investimenti e di una nuova strategia produttiva gli attributi «irriproducibili» del lavoro umano quali creatività, passione, audacia ideativa e sensibilità relazionale rappresenterà il vero e proprio punto di equilibrio delle trasformazioni in atto.

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