Gilet gialli complotti
e strategia del terrore

C’è un legame tra le proteste dei gilet gialli e l’attentato di Strasburgo, che ha visto tra le vittime anche un nostro connazionale, gravemente ferito? L’unico legame possibile è il fatto che la polizia francese, che almeno nelle prime ore dall’attentato non ha fatto una gran figura, lasciando che il fuggitivo scappasse addirittura in taxi, probabilmente era a ranghi incompleti per l’impressionante sforzo di contenimento delle violente proteste di piazza che stanno infiammando la Francia da settimane. Ma le accuse di aver «inventato» l’attentato per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle manifestazioni contro il caro carburante mosse dai contestatori, che hanno messo a ferro e fuoco Parigi e altri capoluoghi d’Oltralpe, appartiene al campo delle leggende metropolitane e delle fantasie popolari, ampiamente alimentate dai social networks, che stanno bombardando Internet dai primi minuti successivi all’attentato di fantasie e fake news sesquipedali, gridando al «gomblotto».

Per il resto siamo di fronte a un copione già ampiamente visto. L’attentatore, come tutti gli altri, non è arrivato dalla Siria o dall’Iraq o da qualunque altro Paese del Medio Oriente, e nemmeno è arrivato su un barcone, ma è nato nella città dell’attentato, Strasburgo. Un terrorista già protagonista di numerose condanne in Francia e in Germania, che entrava e usciva di prigione come si esce dalle porte girevoli di un hotel. Per gli investigatori Cherif Chekatt è un «ibrido», un elemento che combina criminalità e terrorismo, magari attraverso una radicalizzazione rapida, anche questa segno dei tempi: bastano alcune lezioni su internet e il gioco è fatto. Ricorda più lo stragista di Nizza, un pazzo furioso che ha provocato una strage immane dopo aver sentito improvvisamente la sua vocazione islamista.

Quello dell’Isis è solo un marchio di fabbrica che serve a delinquenti comuni e a malati mentali per attuare il loro piano di morte, un pretesto per nobilitare il proprio delirio. A quel punto ci vuol poco per assoldare simili personaggi, non particolarmente fanatici o ideologizzati ma con una esperienza delinquenziale che torna comodo ai vertici del terrore. In fondo basta gridare «Allah Akbar» e il gioco è fatto. Il terrorista di Strasburgo era noto alle forze di polizia francesi, era stato schedato ed era sfuggito a una perquisizione nell’ambito di un’indagine su un caso d’estorsione. Questo mette in luce clamorosi «vuoti» nell’apparato di sicurezza francese, che, ripetiamo, potrebbe essere stato preso in contropiede dallo sforzo dell’ordine pubblico necessario a contenere la protesta dei gilet gialli.

Anche se trovare e catturare questa gente è come cercare un ago in un pagliaio. In Francia i terroristi o i potenziali terroristi schedati sono oltre 20 mila. Impossibile tenere sotto controllo 20 mila soggetti. Restano alcuni interrogativi. Cherif Chekatt ha attuato il suo piano di morte nel cuore dell’Europa. In un momento certamente difficile per l’Unione, mai così debole politicamente. Davvero ha agito da solo? O dietro c’è una rete internazionale di matrice islamica, una sorta di «spectre» terroristica, che mina alla destabilizzazione del nostro Continente con attentati che mettono in crisi l’opinione pubblica, rendendola sempre più fragile dentro e mettendo a rischio il cuore stesso dello spirito di fraternità europea?

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