I disabili in trappola, vergogna da sanare

«Un mondo che rimane invisibile nell’immaginario collettivo e nel linguaggio comune». Lo sostiene il Censis, l’autorevole Centro studi investimenti sociali nato nel 1964 per monitorare le condizioni del nostro Paese. Il riferimento è alle persone con disabilità, che dall’invisibilità escono solo in casi eccezionali. Come quello di Bologna raccontato da un quotidiano nazionale: Emo Gruppioni, 83 anni, colpito da ictus e dalla disabilità motoria, da 15 anni non può uscire di casa perché priva dell’ascensore. L’assemblea condominiale aveva votato a favore dell’opera (tanto più perché sarebbe gratuita, grazie al bonus 110%) ma un vicino ha impugnato la delibera sollevando obiezioni statiche.

«Evidentemente valgo troppo poco. I nostri vicini non hanno umanità» dice Emo. Il suo più grande desiderio è di andare a trovare al cimitero le sorelle Egle e Edda, morte di Covid. Ma è irrealizzabile. Esce di casa solo per le visite mediche, grazie all’intervento dell’ambulanza e del personale che lo trasporta. Non sono rari casi simili a quello di Bologna. Non per durata di tempo ma comunque per la costrizione al chiuso, effetto di edifici privi di ascensori o inadeguati all’ingresso di carrozzelle. Ci sono assemblee condominiali infinite perfino per decidere la realizzazione di uno scivolo che colleghi l’edificio con l’esterno bypassando scalinate, giudicati «antiestetici». Un’evidenza che dice molto anche sullo stato della vita sociale in tanti palazzi, dove i rapporti tra inquilini possono essere segnati dall’indifferenza quando non conflittuali, degenerando in cause civili sull’utilizzo degli spazi pubblici.

Eppure dovremo prepararci ad adeguare i nostri condomini all’inesorabile invecchiamento della popolazione. Secondo il 1° rapporto Istat sugli italiani con disabilità, datato 2019, il 5,2% dei nostri connazionali, circa 3,1 milioni di persone, a causa di problemi di salute, hanno gravi menomazioni che gli impediscono di svolgere normali attività quotidiane. Quasi un milione e mezzo ha più di 65 anni. Il 7,2% della popolazione oltre i 15 ha limitazioni nel camminare. Ma non ci sono solo gli ostacoli negli edifici privati. Più della metà dei Comuni non ha adottato i piani previsti dalla legislazione contro le barriere architettoniche. Solo il 9,3% delle persone disabili va al cinema, a teatro, a un concerto o a visitare un museo contro il 30,8% della popolazione totale. Tra le cause c’è proprio la scarsa accessibilità: appena il 37,5% dei musei italiani ad esempio è attrezzato per ricevere le persone con limitazioni gravi.

Altri dati restituiscono le tracce della direzione da intraprendere per sanare una situazione non accettabile: oltre l’80% delle persone con disabilità è completamente inattivo; in 600 mila con limitazioni gravi «vivono in una situazione di grande isolamento, senza nessuna rete su cui poter contare in caso di bisogno» e «ben 204 mila da sole», ricorda il rapporto dell’Istat.

L’Italia è stata anche oggetto di richiami e sanzioni internazionali: il 4 luglio 2013 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha condannato Roma per non aver applicato in maniera adeguata i principi Ue in materia di diritto al lavoro per le persone disabili e Bruxelles ha anche stigmatizzato l’inaccessibilità dei mezzi pubblici inviando l’8 febbraio 2014 due lettere di messa in mora. Se siamo capaci di metterci nei panni degli altri, non possiamo non notare stazioni senza ascensori o rotti, autobus inaccessibili agli invalidi e fermate delle metro di fatto chiuse a chi ha problemi di deambulazione.

Poi ci sono gli ostacoli burocratici a complicare vite già faticose. Ciò che spetta per diritto viene spesso concesso dallo Stato come un favore, con un tocco di paternalismo. «Evidentemente valgo troppo poco» ha detto l’anziano invalido di Bologna. Gli ha risposto indirettamente in tempi recenti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Le persone con disabilità rappresentano un giacimento di qualità, energie e risorse di cui il Paese spesso si priva perché non li mette nelle condizioni di esprimerle». È ora di permettere a queste persone di sprigionare le loro qualità, abbattendo barriere architettoniche e mentali.

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