Il progetto europeo
Le insidie populiste

Ben sappiamo quanto le crisi degli ultimi anni relative alla scarsa crescita economica dell’intera area europea, così come il fenomeno sempre più dirompente dell’immigrazione, abbiano inesorabilmente disarticolato l’Europa. Le recenti elezioni europee, tuttavia, hanno espresso un risultato per certi versi inatteso che apre qualche speranza su una possibile, sia pur complessa, ripresa del progetto europeo. Piuttosto marginale è infatti risultato il consenso conseguito dalle formazioni politiche apertamente schierate per la fine dell’Unione europea.

D’altro canto i «sovranisti» - che si pongono l’obiettivo di un forte ridimensionamento dei poteri dell’Ue - con il 10% dei seggi hanno ottenuto un risultato apprezzabile, ma decisamente inferiore alle attese. Tutto fa pensare dunque alla probabile formazione di un governo formato da popolari, socialdemocratici, liberali e, forse, ambientalisti che potrebbero far progredire il progetto europeo. In tale direzione, del resto, si è già mosso Emmanuel Macron con la lettera ai cittadini d’Europa pubblicata il 5 marzo scorso, nella quale prefigura la costruzione di una sovranità statale a Bruxelles.

Per Macron occorrerebbe riformare la politica della concorrenza interna – «per consentire la formazione di campioni europei» – e quella del commercio estero – «per penalizzare imprese non europee che agiscono contro gli interessi strategici dell’Ue, tra cui la protezione dell’ambiente e del clima».

Il leader francese auspica inoltre l’attuazione di una politica fiscale omogenea tra i vari Stati, oltre ad una politica del lavoro transnazionale che preveda «lo stesso salario per la stessa mansione e un minimo salariale appropriato alle condizioni di ciascun Paese». Ritiene poi necessaria una forza di frontiera per proteggere i confini europei e un’Agenzia europea per l’asilo politico. Infine, ipotizza la realizzazione di una «messa in comune» dei debiti pubblici dei vari Stati. Ciò presupporrebbe un allargamento del compiti della Bce che, oltre a tutelare dall’inflazione, assumerebbe il compito di «prestatore di ultima istanza» per scongiurare fallimenti di banche e degli stati più indebitati. La lettera pare sia stata accolta abbastanza bene da Angela Merkel ma con una evidente freddezza dal presidente della Cdu Annegret Kramp-Karrenbauer. Secondo quest’ultima – assai lontana dalle idee del compianto leader del suo partito Helmut Kohl, che fu grande sostenitore dell’Europa – non è necessario costruire capacità istituzionali al centro dell’Ue, in quanto sarebbe sufficiente «ridurre la distorsione della competizione tra i vari regimi fiscali, realizzare accordi per la protezione del clima e rafforzare il Frontex».

Questa posizione potrebbe, in qualche misura, accontentare i «sovranisti», che non hanno i numeri per realizzare un loro programma accentuatamente antieuropeo. È importante, in ogni caso, che non si delineino in futuro due fronti totalmente contrapposti pro e contro l’Europa. Sarebbe questo di grande ostacolo per la prosecuzione di progetto europeo, che preveda la costituzione di capacità istituzionali al centro, come indicate nella lettera di Macron, ma anche di stati membri dotati di una propria forza istituzionale ai quali si richiama la Kramp-Karrembauer. Fu questa, del resto, la linea lungo la quale si mossero Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi quando, nel 1941, firmarono il manifesto di Ventotene. Quel dettagliato e prezioso disegno istituzionale non prevedeva solo uno stato europeo, né una semplice associazione di stati, bensì una «Unione federale europea» che facesse riferimento all’esperienza del federalismo americano. Sarebbe molto bello vedere oggi i nostri governanti discutere di questi temi.

Al contrario, mentre l’Europa ha avviato una procedura d’infrazione per debito eccessivo, appaiono affannosamente impegnati a richiedere il cambiamento di quelle regole che non sono in grado di rispettare. Non manca persino chi, ricoprendo importanti posizioni istituzionali, auspica l’uscita dall’euro, ignorandone le conseguenze che per il nostro Paese sarebbero ben più gravi di quelle sperimentate altrove con la Brexit.

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