Italia sola contro tutti?
Si preparano le barricate

Non si attenua l’assedio degli organismi tecnici interni e internazionali al governo italiano. La richiesta unanime di Bce, Fondo monetario, Banca d’Italia, Corte dei Conti, Istat, Inps, si accompagna a quella della Commissione europea: cambiate strada, correggete la rotta, diminuite il deficit programmato. Da Bali, dalla riunione del Fondo Monetario, Mario Draghi, sia pure senza nominare il nostro Paese, ha detto che chi ha debiti pubblici troppo alti deve adeguarsi alle regole di stabilità. Lo stesso esponente del Fmi che fu a capo della Troika in Grecia (particolare non poco inquietante) ha ripetuto il concetto quasi con le stesse parole. Da Bruxelles Jean Claude Junker ha ripetuto che l’Italia non ha mantenuto la parola data dal momento che il deficit che il governo precedente aveva fissato allo 0,8 per cento viene ora portato al 2,4.

Le risposte che partono da Roma sono di sufficienza, quasi irridenti, e comunque non segnalano alcun ripensamento. Salvini ha dato dell’evasore fiscale al presidente della Commissione europea; Di Maio ha notato che ormai manca solo la Nasa nell’elenco delle «aziende» (sic) che criticano il governo italiano. Quanto a Conte, in genere il più misurato dei tre, ha dichiarato che non gli risulta che la manovra economica subirà la prossima settimana delle modifiche significative rispetto a quanto già fissato dalla Nota di Aggiornamento al Def. Insomma, «tireremo diritto», spread o non spread.

E proprio mentre il differenziale con i bund tedeschi anche ieri ha segnato quota 309 (e quella di 200 con i bonos spagnoli) il governo si appresta dunque a mettere nero su bianco la vera e propria manovra economica (insieme al collegato fiscale) che concretizza le macro-cifre del Def che hanno avuto giovedì il via libera del Parlamento. Tutto dovrebbe essere pronto per il 15 ottobre per poter essere inviato al Palais Berlaymont, ma non è detto: già in passato ci furono dei ritardi e adesso si mormora a palazzo Chigi che lunedì il Consiglio dei Ministri potrebbe produrre dei documenti «salvo intese», cioè largamente rimaneggiabili. Proprio ciò che si aspettano tutti coloro che in questo momento stanno esercitando ogni pressione per indurre il governo ad una marcia indietro, almeno parziale: è il caso sicuramente del Presidente della Repubblica che nel corso dell’ultimo pranzo con i vertici del governo per preparare il prossimo Consiglio europeo ha chiesto di moderare i toni con l’Europa. Il risultato però è quello che si è detto più sopra. È anche per questo che la missione più difficile a questo punto toccherà a Conte che proprio ai suoi colleghi del Consiglio dovrà spiegare questa nuova rotta italiana frutto del contratto di governo delle forze populiste e sovraniste. Nell’ultima occasione in cui i governanti italiani si sono confrontati con i partner – e cioè la riunione dell’Ecofin – il ministro Tria ha lasciato anzitempo la riunione per precipitarsi a Roma. Da allora la Commissione ha inviato a Palazzo Chigi la prima, provvisoria, bocciatura. Vedremo se al Consiglio ne arriverà un’altra ancor più pesante pronunciata questa volta dai Paesi nell’Unione e non dai «burocrati di Bruxelles che nessuno ha eletto».

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