La Borsa italiana
Ruolo francese

Borsa Italiana è stata acquisita dal gruppo Euronext con capofila la Borsa di Parigi . In queste grandi aggregazioni il problema nasce quando si deve scegliere il decisore finale. Il London Stock Exchange ha messo in cassa 4,325 miliardi finanziati soprattutto con un aumento di capitale di Cdp equity e Banca Intesa. Questo rende possibile l’entrata nel board di Parigi e dà rappresentanza agli italiani. L’ultima parola però l’hanno i francesi. L’Italia vanta un surplus nell’interscambio commerciale con la Francia. Ma i transalpini hanno grandi aziende, cioè i campioni nazionali, che gli italiani hanno perso. L’Italia vive da tempo il declino dei grandi gruppi aziendali, simboli di uno sviluppo che non c’è più. Sono rimaste le imprese pubbliche da Enel a Eni a Poste Italiane a tenere alto il vessillo, il resto sono piccole e medie imprese di eccellenza ma senza il peso specifico necessario per far la differenza. Una debolezza che i nostri partner europei, complice la crisi finanziaria degli ultimi anni, hanno saputo sfruttare.

In una sorta di shopping valutato secondo un report di Kpmg a circa 73 miliardi dal 2000 al 2018 il capitale straniero ha fatto il botto. Sono 364 imprese finite per lo più nel paniere francese. Tutte strategiche, a partire da Telettra negli anni ’90 per arrivare a Parmalat nel 2011 fino alle banche, da Bnl a Cariparma, a Friuladria, poi passando da Pioneer ceduta alla francese Amundi. Poste Italiane, che pur concorreva, rimase a bocca asciutta.

Una situazione a parti rovesciate impossibile in Francia, dove non si cede una quota significativa del risparmio nazionale ad un gestore estero, senza che il governo non intervenga. La verità è che in Francia gli italiani hanno acquisito 231 imprese per 40 miliardi, circa la metà dei francesi, sempre tra il 2000 e il 2018 ma nessuna di queste è strategica. Ad Arnaud di Lvmq è stato concesso l’acquisto di Bulgari, un marchio icona del made in Italy. L’assalto di Vincent Bollorè a Mediaset, al di là del contenzioso, è apparso come un gesto predatorio. L’essere in più azionista di Tim ha reso evidente il grande gioco egemonico del bretone. La spocchia francese è emersa in tutta la sua inappetibilità ed ha smosso le acque del quieto vivere italiano. E del resto quando Fincantieri ha osato mettere gli occhi sui cantieri navali di Saint Nazaire acquisendoli dai coreani subito Emanuel Macron ha posto il veto. L’Italia è decisiva per Parigi.

Senza il peso della terza economia dell’Ue la partita dei francesi con i tedeschi è persa. E a quel punto verrebbe spianata la strada a Marine Le Pen perché anche l’elettore moderato e quello socialista mai accetteranno un’egemonia sull’asse franco tedesco a senso unico. Anche Berlino è d’accordo. L’orgoglio nazionale francese non va frustrato. La forza economica tedesca trae la sua legittimazione politica dalla presenza della Francia, il volto pulito di un Paese che ha nei diritti civili e politici la sua identità storica. Così mentre la Germania cerca di recuperare i ritardi della sua industria automobilistica e della digitalizzazione, la Francia affina le sue doti di volpe politica. La nuova tecnica è offrire compartecipazione e parlare di Europa. Luxottica si è fusa con Essilor e ha accettato che il titolo quotasse Parigi. Fca aggregata a Peugeot diventa anglo-olandese, americano, francese con sede operativa nella «grande ville». Di italiano c’ è rimasto solo Andrea Agnelli che abita a Torino e presiede l’unica azienda italiana del gruppo, quella del calcio. Alla fine però sono tutti contenti, gli italiani perché sono usciti dall’angolo, i francesi perché tutto confluisce a Parigi e i tedeschi perché nessuno si accorge che a comandare sono loro.

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