La manovra in deficit
Altolà dell’Europa

Per il professor Tria l’incontro a Lussemburgo con i suoi colleghi ministri europei delle Finanze è andato male. Non per lui personalmente s’intende, perché anzi ha avuto parole di comprensione e di incoraggiamento per il suo difficile ruolo nel governo grillo-leghista. Ma per l’Italia nel suo complesso le cui decisioni in materia di deficit – da far schizzare al 2,4 per cento nei prossimi tre anni – sono considerate incompatibili con la situazione del nostro debito pubblico, con le regole e le normative europee, con il Fiscal Compact e tutto ciò che costituisce la costruzione dell’eurozona. Con queste motivazioni è stato sostanzialmente anticipato a Tria che la Commissione, se il Def rimarrà quello approvato venerdì scorso, subirà una inevitabile bocciatura con conseguente apertura di una procedura di infrazione (che comporta multe salate, non dimentichiamolo).

È stato a quel punto che il ministro ha deciso di riprendere l’aereo e tornare in fretta a Roma disertando la successiva riunione dell’Ecofin per «continuare a lavorare alla Nota di aggiornamento». Mentre l’aereo decollava, il vicepresidente della Commissione Dombrowsky e il commissario al Bilancio Moscovici confermavano che la manovra anticipata dal ministro italiano era molto, ma molto lontana da quel che la Commissione poteva accettare e che portare il deficit a quel livello potrà certo dare ai partiti un vantaggio politico ma avrà conseguenze assai pesanti sul medio periodo.

Insomma, lo scasso dei conti pubblici veniva presentato come la premessa di un assalto all’Italia che, contagiando l’area euro, metterebbe in ginocchio noi e in pericolo tutti. Più duri di così non potevano essere i commissari che pure avevano annunciato di non aver alcuna intenzione e nemmeno alcun interesse ad aprire un conflitto con l’Italia. Il segnale però è chiaro: da qui al 15 ottobre, data della presentazione della manovra a Bruxelles, avete tempo per fare marcia indietro e presentarci una manovra diversa da quella che avete pubblicizzato con la festa del balcone di Palazzo Chigi.

E così, se fino a quel momento i mercati erano rimasti abbastanza quieti, poi hanno cominciato a galoppare: lo spread a salire su verso quota 280, la Borsa (che pure era positiva) a scendere. Il ritorno frettoloso di Tria a casa inseguito dai rimproveri di tutta l’Europa avevano scosso di nuovo gli investitori e completamente a nostro svantaggio.

Luigi Di Maio ha commentato tutto ciò sostenendo che Moscovici è un nemico dell’Italia e che fa del terrorismo per alzare lo spread dei nostri titoli per colpirci e magari avvantaggiare il suo Paese, la Francia. Il vicepremier grillino ha così completato l’elenco di quanti portano la responsabilità dell’aumento del rischio-Italia: prima i partiti di opposizione «e i loro giornali» e adesso i commissari europei. Ma Salvini, a parte qualche frase bellicosa pronunciata a beneficio dei microfoni («Facciamo deficit per fare crescita, se ne faranno una ragione») sta prendendo atto che il governo si è incamminato su una strada molto pericolosa e che ci sono non pochi settori del suo partito, e soprattutto del suo elettorato, che lo spingono a frenare l’ardore grillino, a ragionare più freddamente, a considerare le conseguenze che potrebbero cadere sulla testa degli italiani, a cominciare da quelli del Nord che stanno finalmente rialzando la testa dopo anni e anni di crisi e di recessione. Del resto il braccio destro di Salvini, Giorgetti, lo ha detto chiaramente: in Parlamento la manovra si può modificare. Ma cosa accadrà se la Lega comincerà davvero a prendere le distanze dalla linea pro-deficit di Di Maio? Non è ancora chiaro.

È chiaro invece che il presidente della Repubblica segue con crescente preoccupazione l’andamento della discussione sulla manovra di Bilancio. Dopo il chiarissimo monito dell’altro giorno, ieri il Quirinale ha convocato il presidente del Consiglio Conte chiedendogli di riferire sullo stato delle cose. Sarà proprio Conte il 18 ottobre al prossimo Consiglio europeo a dover spiegare la manovra ai suoi colleghi premier, e questo avverrà nei giorni in cui le agenzie di rating si pronunceranno sull’Italia con un verdetto che ormai è ancora più temuto di quello dell’Europa.

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