La piazza, specchio
delle liti tra partiti

Le immagini dei lacrimogeni a Torino, dopo quelle di Roma e Napoli, non aiutano di certo la compattezza nazionale necessaria ad affrontare il nuovo, duro periodo di sacrifici che ci aspetta. Il Governo parla di manovre preordinate che poco hanno a che fare con le persone normali alle prese con le difficoltà economiche, e non c’è dubbio che tra i manifestanti ci siano anche teppisti, estremisti, camorristi e gente che dal disordine ha solo da guadagnare. Però di persone pronte a manifestare tutto il proprio disagio ce ne sono tante e così rischia di montare la protesta contro le misure prese dal presidente del Consiglio nel suo ultimo decreto. Sono contestati soprattutto i vincoli imposti a ristorazione, intrattenimento, cultura e sport, e le diverse rappresentanze sindacali, associative, lobbistiche si stanno muovendo per ottenere modifiche al Dpcm prima almeno che ne segua un altro magari ancora più restrittivo.

Le proteste rispecchiano le divisioni che si sono verificate tra ministri e partiti di maggioranza: Franceschini, Speranza, Bellanova, Spadafora hanno discusso in maniera molto veemente sul da farsi, e alcuni di loro, una volta usciti dal Consiglio, non hanno nascosto la loro contrarietà alla decisione appena presa. Il risultato è naturalmente di disorientamento e confusione che fa da specchio alle manifestazioni di piazza. C’è addirittura un intero partito di maggioranza, Italia Viva, che contesta il decreto e ne chiede il rimaneggiamento. Zingaretti reagisce e dice a Renzi che «non è serio» tirarsi indietro a cose fatte. Ma non basta: sono note le critiche dei grillini nei confronti della ministra piddina ai Trasporti Paola De Micheli, accusata di non aver provveduto in estate ad allestire un piano straordinario che evitasse in caso di seconda ondata, gli affollamenti su autobus e metropolitane di cui le cronache ci offrono ogni giorno copiosa documentazione visiva.

Allo stesso modo il Pd ce l’ha con la ministra dell’Istruzione Azzolina per non aver provveduto con sufficiente efficienza all’apertura della scuola (su cui non tutti sono d’accordo). Si distingue in questa confusione il ministro della Cultura e Turismo Franceschini: si è battuto fino all’ultimo per evitare la chiusura di cinema, teatri e sale da concerti, non è riuscito nel suo intento ma, fuori da palazzo Chigi, ha difeso il provvedimento perché – ha spiegato – «non tutti hanno capito la gravità della situazione». Un’eccezione. Sta di fatto che il Governo e la maggioranza stanno vacillando di fronte alla difficoltà del momento e soprattutto al timore di varare un nuovo lockdown per Natale: la speranza è che le restrizioni ora in vigore abbassino la curva del contagio e consentano di andare avanti almeno così.

Resta il fatto che il danno all’economia sarà rilevantissimo: il ministro dell’Economia Gualtieri prepara un decreto di «ristoro» per le attività più penalizzate da 5 miliardi – tutti a debito, sperando nell’arrivo del Recovery Fund prima possibile – ma nello stesso tempo vede sfumare quel rimbalzo in questo ultimo trimestre 2020 che avrebbe un poco attenuato il crollo del Pil dovuto al primo lockdown. Sarà questo un ulteriore motivo di tensione politica su cui il Quirinale non si stanca di vigilare: nessuno in questo momento si azzarda a pensare a rimpasti o a nuovi equilibri politici, Mattarella non permetterebbe un solo cambio nel Governo: troppo difficile è il problema da affrontare e non ci si può distrarre. Tuttavia questo non vuol dire che i problemi tra i partiti «alleati» vengano magicamente annullati dall’emergenza Covid.

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