Omofobia, se passa
la legge salva idee

Forse sarebbe stato sufficiente intervenire sulle aggravanti per gli atti lesivi contro la persona e prevederle anche a tutela di chi è oggetto di discriminazione sessuale e di genere con un rafforzamento dell’art. 61 del Codice penale. Invece adesso c’è una legge vera e propria contro l’omofobia e le discriminazioni dettate dall’orientamento sessuale e di genere che tra pochi giorni verrà discussa dal Parlamento. Le polemiche non mancano. C’è chi ne sostiene l’inutilità, chi paventa rischi pericolosissimi per la libertà di opinione su matrimoni gay e unioni civili e chi invece spiega che una legge specifica è necessaria perché l’incitamento all’odio è amplificato dai social e può degenerare in atti di violenza. Il punto centrale della discussione riguarda le opinioni. La legge colpisce le opinioni e le può sanzionare, secondo l’allarme di una serie di organizzazioni cattoliche, per altro non di primo piano e quasi tutte legate alle aree tradizionaliste, oppure si limita a punire gli atti discriminatori e l’istigazione alla violenza? Insomma si rischia un conflitto di diritti? Quando una legge si ritiene necessaria e tocca questioni di alta sensibilità occorre scriverla bene, rafforzando in questo caso l’impegno sul versante educativo e dunque preventivo, a cui non si può anteporre la parte repressiva.

La decisione di assegnare il disegno di legge sull’omofobia alla Commissione giustizia ha lasciato qualche dubbio sulla reale intenzione del legislatore rispetto ad una prevalenza dell’impianto sanzionatorio. Così restano i dubbi anche sul rischio di sanzionare la libera espressione delle idee. In Parlamento tuttavia si è cercato di lavorare bene e un emendamento di Forza Italia approvato da tutte le forze politiche distingue con maggior chiarezza le opinioni liberamente espresse dalle forme inaccettabili di istigazione e di legittimazione alla violenza. Il parere della Commissione Affari Costituzionali della Camera ha definito «vincolante» una formulazione ben scritta di questa sorta di «salva idee». Le idee da salvare sono tutte quelle possibili, anche quelle ritenute irritanti, anche quelle formulate secondo i principi della propaganda. Una democrazia, ha spiegato l’on. Stefano Ceccanti, costituzionalista e relatore del parere degli Affari Costituzionali, «non si può difendere troppo» e quindi non può porre limiti alle opinioni provocatorie.

C’è un esempio che chiarisce: la formula repubblicana non può essere oggetto di revisione, ma ciò non significa impedire la propaganda dei gruppi monarchici, beninteso se si tengono sul terreno dialettico e non complottano per organizzare un colpo di Stato. Insomma le parole perseguibili sono quelle che si possono trasformare in pietre. L’altro punto che la discussione in aula dovrà chiarire e formulare meglio riguarda le condotte discriminatorie fondate sul sesso e l’identità di genere per evitare incertezza nell’applicazione della legge e conseguenti sentenze creative dei tribunali che complicano la materia e innescano contrapposizioni ideologiche. La discriminazione avviene quando ci si rifiuta di fornire un bene o un servizio, per esempio assumere o licenziare una persona, sulla base di motivazioni razziali, religiose, etniche. Ma oggi non possiamo sottovalutare anche la motivazione sessuale e di genere. Papa Francesco nell’Amoris Laetitia al numero 250 scrive che «nessuna persona può essere discriminata sulla base del proprio orientamento sessuale» e ha incontrato e mandato il suo Elemosiniere in tempo di pandemia ad aiutare le persone transessuali. Una legge, se scritta bene, con una buon impianto preventivo ed educativo, può servire a dare più spessore alle iniziative di accoglienza e di rispetto delle minoranze, perché l’odio, soprattutto quando è veicolato dai social, colpisce in modo asimmetrico e chi è più debole rischia di più. Questa è la vera posta in gioco da considerare con fermezza, senza alimentare il contrappunto di paure infondate di radicali e conservatori e ricordando sempre l’art. 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

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