Ora il Quirinale
vuole fare presto

Dopo poco più di un anno, ancora una volta tocca a Sergio Mattarella cercare di sbrogliare la matassa di una legislatura nata male e che non trova il proprio equilibrio. Certo quel che si è visto e sentito nell’aula di Palazzo Madama non facilita il compito del Capo dello Stato che ieri sera ha ricevuto le dimissioni del presidente del Consiglio Conte al termine di un dibattito al Senato in cui la contrapposizione di uomini e partiti è stata pari solo alla confusione.

Il discorso con cui Conte ha dichiarato terminata l’esperienza del governo giallo-verde è servita soprattutto a bastonare Matteo Salvini, accusato con irrituale durezza di essere l’irresponsabile autore della crisi e anche di molte altre cose, per esempio di costituire un potenziale pericolo per la democrazia, di aver oscurato il cosiddetto Russiagate e alla fine, persino di non avere avuto il coraggio di portare a termine la sua operazione di far saltare il governo per andare velocemente ad elezioni, vincerle e conquistare Palazzo Chigi quasi in solitudine.

In effetti, la replica di Salvini, dura quanto a risposte a Conte sulle varie accuse, dal punto di vista della linea di comportamento sua e del suo partito non è stata certo di attacco: Salvini ha dato persino l’impressione di considerare ormai fatto l’«inciucio» tra grillini e democratici per un nuovo governo che mandi la Lega all’opposizione, salvo riaprire un po’ stancamente un dialogo col M5S «per fare le riforme e poi andare a votare», ma con l’aria di chi sa che ormai la crisi volge in tutt’altra direzione rispetto a quella che lui aveva immaginato. E proprio il discorso di Conte, replica compresa, sta a dimostrare che i grillini – e il presidente del Consiglio in prima persona – ormai considerano chiusa la strada di un ritorno al «contratto» con la Lega. Dunque ci si rivolge all’altro «forno», quello del Pd. Dove tuttavia le cose sono abbastanza complicate, come sempre del resto. Da una parte c’è Matteo Renzi che ha proposto per primo l’idea di un governo che salvi la legislatura sostenuto da Pd e M5S; dall’altra c’è il segretario Zingaretti che non nasconde perplessità e preoccupazioni e teme soprattutto che un’operazione di questo genere possa riconsegnare proprio a Renzi le chiavi del partito dal momento che l’ex segretario controlla ancora la maggior parte dei gruppi parlamentari del Pd.

I grillini conoscono come tutti le dinamiche interne del centrosinistra, sanno quanto possono essere contorte, e temono che alla fine il «dialogo» con gli ex acerrimi nemici possa saltare e si vada davvero alle elezioni, magari passando brevemente per un governo di garanzia, tecnico, nominato direttamente dal Quirinale che faccia la legge di Bilancio, impedisca l’esercizio provvisorio, eviti l’aumento dell’Iva, mantenga le promesse fatte all’Europa sui conti pubblici, rassicuri i mercati e ci porti alle elezioni in autunno. In questo caso Salvini, che forse ha sbagliato i tempi della prima mossa, potrebbe avere la sua rivincita, anche perché in campagna elettorale potrebbe accusare i grillini di aver tentato di fare un governo «con Renzi, la Boschi e Lotti». C’è però sempre l’ipotesi della coalizione «Ursula» avanzata dal professor Prodi: un governo sostenuto da coloro che in Europa hanno votato a favore di Ursula von der Leyen, la neo presidente della Commissione: tutti - Pd, M5S, Forza Italia - tranne la Lega e Fratelli d’Italia. In questo caso il governo avrebbe ben altro respiro perché dovrebbe arrivare quantomeno alla scadenza del settennato di Mattarella per evitare che, in una nuova legislatura dominata dal Carroccio, il successore dell’attuale Capo dello Stato se lo elegga Salvini da solo. La coalizione Ursula sembra fatta apposta per portare proprio Prodi al Quirinale.

Come si vede i giochi sono tanti e diabolicamente intrecciati. Tanti interessi sono in gioco. Mattarella vuol fare presto perché la legge di Bilancio incombe e serve un governo che la approvi. Non è detto che riesca nell’intento. In ogni caso, già da oggi partono le consultazioni.

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