Reti sociali di quartiere
vitalità partecipativa

Le Reti Sociali di Quartiere hanno rappresentato un elemento di novità – spesso trascurato – e di riqualificazione della politica cittadina. Prendendo il posto delle vecchie circoscrizioni di decentramento che, con l’allontanamento (ormai il distacco) dei partiti dal territorio, non veicolavano partecipazione, le Reti Sociali rappresentavano una scommessa: costruire luoghi di «auto-governo» civico dei quartieri, valorizzando l’assunzione di corresponsabilità dei cittadini, insieme alle istituzioni, nell’affrontare e offrire risposta ai problemi del territorio. Non si trattava di confidare nello spontaneismo, perché le Reti sono istituite, convocate e «facilitate» dal Comune e ne rimangono un’espressione istituzionale. Rispetto alle modalità tradizionali dell’azione del pubblico, le Reti non operano secondo la logica della rappresentanza (per la quale, qualcuno, autorizzato, decide al posto di altri), ma della compresenza e dell’agire cooperativo.

Espressioni sociali e istituzionali (scuola, servizi sociali), presenti nei quartieri, e semplici cittadini attivi si assumono il compito, squisitamente democratico, di prendersi cura di aspetti della convivenza, organizzando capacità di risposta in termini di ascolto e servizi.

Al riguardo, Bergamo non rappresenta un episodio isolato, bensì un’espressione originale di un fenomeno più ampio di vitalità dei Comuni nell’intessere patti di collaborazione con i cittadini attivi per la cura dei beni comuni. Alla radice di queste innovazioni istituzionali, si pone un progetto ambizioso e un’idealità coerente con la visione di democrazia costituzionale fondata sul lavoro. Spesso lontano dal palcoscenico, questo esperimento ha funzionato. Certo non allo stesso modo per tutte le Reti, ma nei quartieri le iniziative sono state complessivamente molte e ricche, soprattutto nell’ambito dei servizi alla persona (infanzia, disabilità, anziani), della cura del verde e della cultura. Non sono mancate le criticità: una problematica spesso emersa è quella del rapporto tra le Reti e i comitati che, nei quartieri, seguono le trasformazioni urbanistiche e della viabilità locale. Spesso i comitati hanno agito «a latere» delle Reti, accusati di atteggiamenti rivendicativi e conflittuali.

L’integrazione tra comitati e Reti è una questione non risolta. In generale, questa criticità segnala un limite nell’attuazione del progetto delle Reti sociali. L’intervento delle Reti di quartiere è stato stimolato e valorizzato in alcuni ambiti, soprattutto nei servizi alla persona, mentre nelle questioni urbanistiche e di viabilità l’amministrazione tende ad agire ancora secondo moduli tradizionali, interloquendo con ben selezionati interessi economici, proprietari delle aree, spesso opponendo ai cittadini vincoli che si pretenderebbero insuperabili. Questo scollamento è deleterio. Ingenera il sospetto che la partecipazione sia usata (magari come cassa di risonanza), o attivata a fasi alterne, con il rischio di screditare complessivamente il progetto.

Inoltre, questo scollamento, a seguito dell’intasamento dei quartieri, della sproporzione crescente tra costruito (residenziale e commerciale), da un lato, e servizi e soluzioni viabilistiche, dall’altro, mina la coesione e l’auto-percezione del tessuto democratico dei quartieri e dunque indebolisce le reti.

Non si pensi che la soluzione possa essere il ritorno a circoscrizioni nominate da partiti ormai estranei al tessuto cittadino. Serve un atto di coraggio e di maggiore coerenza, a promozione della vitalità partecipativa dei quartieri e delle città, che restano il presidio più genuino della rigenerazione democratica della Repubblica.

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