Salvini va di fretta
Di Maio all’angolo

Il vertice di ieri sera a Palazzo Chigi ha preparato il Consiglio dei ministri di oggi dove, salvo sorprese, si seguirà la linea indicata da Giuseppe Conte, Giovanni Tria e dalla Ragioneria generale dello Stato. Che significa: riportare il deficit al 2,1 per cento (ricordate? Era l’obiettivo di Tria in dicembre che i politici gli fecero rimangiare facendo schizzare il parametro al 2,4) mediante l’iniezione di almeno quattro miliardi che provengono sia dalle somme congelate già nella manovra scorsa in caso di necessità, sia dai risparmi sulle due riforme fondamentali del governo, Quota 100 e Reddito di cittadinanza.

Sapremo poi il 2 luglio se questo «gesto di responsabilità», come lo ha chiamato Tria ieri parlando nella sua vecchia università, Tor Vergata, sarà ritenuto sufficiente dalla Commissione che dovrà definire ultimativamente la propria posizione in vista della riunione dell’Ecofin del 9 che prenderà la decisione «politica».

I due vice premier non contestano questa linea: l’idea del muro contro muro tra Roma e Bruxelles in realtà sopravvive più nelle loro roboanti dichiarazioni – peraltro in diminuzione – che nei fatti concreti e nelle decisioni. Oggi infatti il Consiglio dei ministri concretizzerà il tentativo dell’Italia di soddisfare le richieste della Commissione sperando che basti a frenare la procedura di infrazione e le sue nefaste conseguenze: proprio come successe in dicembre, quando si partì con il deficit al 2,4 per cento e gli «eurocrati» ci imposero un più modesto 2,04. La «stabilizzazione di Bilancio» che il Consiglio di oggi approverà va esattamente in questa direzione accompagnando la speranza che l’Italia sia troppo importante, troppo grossa, per imporle una procedura che farebbe impazzire i mercati e rischierebbe di provocare un terremoto nell’intera Unione.

Poi però c’è la prossima manovra da fare, e qui le cose si complicano. Soprattutto perché la sua elaborazione si intreccia alle incerte prospettive di vita del governo che dipendono a loro volta dalla volontà di molti soggetti: Salvini sopra a tutti. È per questo che nella riunione di ieri sera si è di nuovo affrontato il tema dell’autonomia regionale su cui la Lega vuole forzare la mano ai grillini recalcitranti. Ed è per questo che Salvini spinge ancora per la Tav Torino-Lione non in versione light, soprattutto ora che l’Italia ha vinto la gara per le Olimpiadi invernali del 2026.

Ed è per questo che ieri sera la Lega ha messo sul piatto la richiesta di inserire la flat tax nella manovra 2020. Manovra, si badi bene, che Salvini vuol fare subito, entro l’estate, senza aspettare l’autunno in cui tradizionalmente la si discute e vota. Ora, è chiaro che Di Maio percepisce tutti questi segnali come delle «provocazioni» di Salvini per vedere quanto la sconfitta elettorale abbia reso remissivi i grillini e facendo loro balenare la prospettiva di elezioni in settembre, dopo la manovra. Di Maio non vuole andare alle elezioni perché teme che confermerebbero il disastroso risultato delle Europee, e nello stesso tempo non vuole cedere le poltrone di governo. Significativo che continui a ripetere che chi destabilizza la situazione «apre la strada a un nuovo Monti» (peraltro uno spauracchio che dovrebbe impensierire anche Salvini).

Insomma, il M5S vuole stare come sta adesso e rinviare il più possibile la data del ritorno alle urne, sperando nel frattempo che passi la nottata elettorale Il passaggio della manovra economica è fondamentale ed è per questo che andrà osservato con particolare attenzione l’esito del Consiglio dei ministri di oggi.

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