Terra divorata
Cambiare rotta

San Francesco, nel Cantico delle Creature, scriveva che «nostra matre terra sustenta et governa». L’uomo contemporaneo, invece, sta giocando con le leggi fisiche, aizzandole e provocandole. Dal punto di vista morale pecca di «hýbris», di tracotanza. Da quello scientifico induce, semplicemente, una reazione conseguente all’azione. Si deve cambiare l’economia, perché, come ammonisce Papa Francesco nella «Laudato si’», dimentica i poveri e le future generazioni.

Da ieri il consumo di risorse naturali da parte dell’uomo eccede quanto gli ecosistemi della Terra siano in grado di generare in un anno. L’umanità, da qui al 31 dicembre, depaupera più di quanto il pianeta riesca a riformare in dodici mesi, bruciando risorse ai propri figli e nipoti. Lo rivela il «Global Footprint Network», l’organizzazione di ricerca internazionale che tiene la contabilità dello sfruttamento delle risorse naturali, «l’impronta ecologica».

Significa che l’umanità intacca il capitale naturale: un enorme debito ambientale, che si accumula, ormai, dal 1971, quando il livello rinnovabile di consumo di risorse fu oltrepassato per la prima volta. Da quell’anno la tendenza è sempre stata negativa e, soprattutto, ha continuato a peggiorare e ad arrivare in anticipo: l’anno scorso il 1° agosto. Di questo passo, nel 2050, avremo bisogno di tre pianeti. È evidente come si stia correndo verso la bancarotta del sistema: il collasso ecologico. L’Italia ha raggiunto il proprio giorno del «sovrasfruttamento», in inglese «Earth Overshoot Day», già il 15 maggio scorso, consumando 4,7 volte quanto produce.

Gli effetti di questo sovrautilizzo delle risorse globali stanno diventando sempre più evidenti nel mondo, sotto la forma di deforestazione, erosione del suolo, perdita di biodiversità e accumulo di anidride carbonica in atmosfera. Quest’ultima genera il ben noto effetto serra, il riscaldamento globale all’origine dei cambiamenti climatici e di fenomeni, sempre più frequenti, come siccità, incendi, uragani. Un recente drammatico esempio. L’Amazzonia, dall’inizio dell’anno a oggi, ha perso circa 3700 km² per colpa della deforestazione, quasi sdoganata dal presidente Bolsonaro. Nella prima metà di luglio ne è stato distrutto il 68% in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Ora sparisce, secondo i dati dello stesso governo, l’equivalente di tre campi di calcio al minuto. Perché, giustamente, ci si preoccupa molto del debito pubblico di Paesi come l’Italia e non di questo enorme deficit ambientale, che rischia di strangolare l’intera umanità?

Lo scrittore Amitav Ghosh, nello splendido saggio «La grande cecità», ci spiega come sia un problema culturale. La cultura contemporanea è strettamente connessa con il mondo della produzione di merci. Ne induce i desideri, producendo l’immaginario che l’accompagna. Intimamente legata alla storia del capitalismo, rivela una singolare, irriducibile resistenza ad affrontare l’emergenza ambientale e, in particolare, il cambiamento climatico, che pone in discussione il modello di sviluppo economico tradizionale, basato sul consumo di risorse e la creazione di rifiuti.

La fugace comparsa di questo argomento in narrativa, per esempio, è sufficiente a relegare un romanzo o un racconto nel campo della fantascienza. Purtroppo non lo è. È la realtà che viviamo ogni giorno, come ci dimostra la crisi climatica che riscontriamo sempre più spesso, dalle ondate di calore ai violenti nubifragi, alle trombe d’aria, veri e propri tornado anche alle nostre latitudini. Bisogna tornare all’interno dei parametri delle leggi fisiche, vivendo con sobrietà e senso del limite, per rispettare le generazioni future e noi stessi medesimi.

Nonostante la drammatica tendenza negativa degli ultimi decenni, è ancora possibile invertire la direzione. Secondo il «Global Footprint Network», se prorogassimo la data dell’«Earth Overshoot» di cinque giorni ogni anno, l’umanità tornerebbe ad essere in armonia con il proprio pianeta già prima del 2050. Per esempio, la sostituzione del 50 per cento di consumo di carne con una dieta vegetariana contribuirebbe a spostare la data dell’«Overshoot Day» di 15 giorni. La riduzione delle emissioni di anidride carbonica della metà posticiperebbe la data di ben 93 giorni. Papa Francesco, con la «Laudato si’» e i numerosi appelli a favore della cura del Creato, ci avverte dell’urgenza della «conversione ecologica». Bisogna cambiare la nostra mentalità e il nostro modo di agire. Il Sinodo per l’Amazzonia, dal 6 al 27 ottobre prossimi, sarà un’occasione importante per richiamare la principale sfida dell’uomo d’oggi.

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