Troppi balletti
sulla Manovra

Le manovre di Bilancio si dovrebbero giudicare solo al voto finale, ma il balletto di queste settimane attorno a un testo «salvo intese» ha dato l’impressione di un quadro di priorità alla rovescia. Davvero il problema italiano è quello del tetto al contante e delle commissioni sulle carte di credito? Dove sono finiti i nostri guai veri? Dove sono crescita zero, produttività ferma dall’inizio del secolo, scarsa e cattiva occupazione, debito, spread, export minacciato dai dazi, crisi in Germania e immigrazione che pur riempie le televisioni ogni sera?

Comprensibile che l’Europa abbia chiesto chiarimenti. In realtà la manovra è ingessata dal vincolo dei 23 miliardi di clausole Iva da sbloccare, per cui tutto il Bilancio 2020 è poca cosa. Un politico come Gualtieri avrebbe dovuto dire subito che gli ultimi soldi a debito se ne sono andati l’anno scorso con Quota 100 e reddito di cittadinanza. L’anno prossimo la clausola Iva varrà 28 miliardi e così a salire. Quando si penserà davvero a togliere di mezzo strutturalmente questa ghigliottina? Il cambio di colore governativo da solo fa risparmiare interessi, ma non basta.

È poi sconcertante che partiti della maggioranza si riservino di fare emendamenti addirittura sull’abolizione di Quota 100, questione oggettivamente più che fondata, ma che un governo deve risolvere all’inizio. Una volta deciso, gli emendamenti li fanno le opposizioni. I ministri hanno fatto invece le ore piccole attorno a questioni secondarie e alla fine, udite udite, la galera per gli evasori passa da 6 a 8 anni. Cosa cambiano 2 anni in più? Solo propaganda, perché i «grandi» evasori dormiranno tranquilli (e ancor più le multinazionali del web). I più furbi si affideranno alla statistica che dice che solo l’8% delle cartelle viene controllato (ed è già un balzo in avanti; prima erano il 2/3%). Lo scopo vero è sempre elettorale: appagare appetiti giustizialisti pentastellati che ora contagiano il Pd, propenso a rimangiarsi l’impegno preso per Taranto e diventato titubante anche sulla prescrizione, orrore giuridico del governo precedente. Ministri e segretari lì a litigare sul nulla, e opposizioni che denunciano manette in realtà già consentite anche da loro, mentre – nelle stesse ore – Regioni del Nord e del Sud vanno sott’acqua, perché il dissesto idrogeologico aspetta solo i disastri per diventare importante.

Il fumo nasconde la scelta politica: non toccare i vessilli di Conte 1. Il motivo buono è di metodo, e cioè che ogni governo non può solo smantellare ciò che ha fatto il precedente, ma così quota 100 consuma 15/20 miliardi in tre anni, e poi o finirà in un nuovo scalone o «dovrà» andare avanti perché sotto elezioni. E intanto ci sorbiremo in tutti i talk la storiella che la Fornero è stata smantellata, mentre per 150 mila nuovi pensionati a carico delle generazioni future, rischia un sistema che ne coinvolge 16 milioni. E che dire del reddito di cittadinanza: un flop in cui si offrono di lavorare solo 50 mila persone su 700 mila. Un sussidio che ha dato a metà destinatari metà degli 830 euro raccontati e ha avuto effetto zero, altro che 12 miliardi di indotto. Per qualcuno certo un sollievo, ma nel precedente e avaro reddito di inclusione, i controlli erano fatti da vicino, mentre qui la Guardia di Finanza parla di irregolarità in 6 casi su 10, e già 2 redditi su 10 erogati saranno cancellati in novembre.

I (pochi) soldi si trovavano dentro queste voci, altro che manovra contro l’evasione fiscale, miraggio davvero non nuovo, mentre si tocca solo a parole la spesa, e si tenta maldestramente di introdurre qualche balzello sparso (che equivale a meno del nuovo «prestito» Alitalia) ma consente – pur dopo aver cancellato 23 miliardi di Iva – di strillare contro tasse che ogni giorno cambiano, o sono presentate con scuse ecologiche improvvisate come quella sulla plastica o sulle vetture aziendali (40% dell’immatricolato, in piena crisi dell’auto!).

C’è naturalmente del buono anche in questa manovra (il bonus facciate, quasi un colpo di genio, il rinnovo dei superammortamenti e delle misure 4.0, un taglio futuribile, a rate, del cuneo fiscale, il superticket meritorio «pallino» di Leu), ma è nascosto dietro molta fuffa.

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