La fine del picco? Il primario: «Quando le Rianimazioni saranno vuote»

Il primario Roberto Keim: non saremmo messi così se si fosse provveduto alla vaccinazione obbligatoria.

Due anni, quattro ondate. Questa è diversa, anche perché la si vive «con la piena consapevolezza che potevamo evitarla: se si fosse provveduto alla vaccinazione obbligatoria a tempo debito, non ci troveremmo in questa situazione». Roberto Keim, direttore del Dipartimento di Emergenza-Urgenza e Accettazione e dell’Unità di Anestesia, Rianimazione e Terapia intensiva dell’Asst Bergamo Est, guarda alla recrudescenza del virus mettendo in filigrana l’importanza del vaccino.

All’ospedale «Bolognini» di Seriate, la Terapia intensiva ha accolto quattro diverse persone in questa recrudescenza: «Tre non erano vaccinate, mentre la quarta paziente aveva solo la seconda dose ed enormi comorbidità», spiega il primario.

Le statistiche
La giovane età non risparmia dal virus: dei pazienti non vaccinati in Terapia intensiva, due erano ultrasettantenni (78 e 76 anni), ma il terzo paziente di anni ne aveva 53. Pochi. Dei quattro pazienti, due avevano contratto Delta e due Omicron. E chi finisce in rianimazione senza vaccino, ancora oggi «ha la stessa polmonite che vedevamo due anni fa: succede qui come in tutta la Lombardia, come emerge dai confronti periodici del coordinamento delle Terapia intensive», spiega il primario. La statistica resta invariata: il 35% di chi entra in Terapia intensiva, poi non ce la fa.

Affrontare il virus per l’ennesima volta vuol dire per il sistema sanitario «ricadere in una bolla, nel baratro della pandemia – è la metafora di Keim –. Soprattutto perché c’è il rammarico che dovendo riconvertire i reparti non si è in grado di soddisfare al 100% le altre patologie. Certo ciascuna ondata è differente: nella prima ci siamo trasformati in ospedale Covid, nella seconda e nella terza si viaggiava a due terzi di ospedale dedicato al Covid, ora si è a metà e metà. Stiamo approntando percorsi diversificati, e non è semplice: molte persone che vengono ricoverate per altre patologie risultano anche positive. Proprio da oggi (da ieri per chi legge, ndr) abbiamo portato da una a due, raddoppiandole, le sale operatorie dedicate ai pazienti positivi ma senza sintomatologia respiratoria. È uno sforzo importante, sia organizzativo sia per il personale, perché tutta l’attività sostanzialmente viene raddoppiata».

Gli scenari futuri

Ma qual è l’orizzonte di quest’ondata? Se sui reparti ordinari s’intravede il plateau, «le Terapie intensive raggiungono il picco più tardi: servirà ancora un paio di settimane - ragiona Keim -. La strada della discesa s’imboccherà quando si svuoteranno le Terapie intensive. Se la campagna vaccinale proseguirà di questo passo, ci sono però buone prospettive che a ottobre dell’anno prossimo lo scenario sarà diverso: il Covid potrebbe avere le proporzioni di ricoverati di un’influenza. Ma tutto dipende dalla vaccinazione, e dalle varianti». I due anni in trincea sono scanditi dai ricordi: «Ogni paziente è rimasto nel cuore – conclude Keim -. Le emozioni più forti sono sorte forse quando ci siamo trovati a curare i nostri colleghi, persone con cui condividevamo ogni giornata».

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