Tragedia di Azzano: travolti dopo la lite
La sentenza: «Non fu delitto volontario»

Il conducente dell’auto che investì i due ragazzi è stato condannato a 6 anni e 8 mesi. Reato derubricato in omicidio stradale. I genitori: abbandonati dallo Stato. In aula la lettera di scuse dell’imputato.

La morte di Luca Carissimi e Matteo Ferrari, i due ragazzi di 21 e 18 anni che in sella a uno scooter furono travolti ad Azzano il 4 agosto di un anno fa, sono il tragico epilogo di un incidente stradale e non del gesto deliberato del conducente dell’auto investitrice, Matteo Scapin, 34 anni, di Curno. È quanto dice la sentenza pronunciata ieri pomeriggio dal gup Massimiliano Magliacani, che ha derubricato il reato da omicidio volontario a omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza e dalla fuga, condannando in abbreviato l’imputato a 6 anni e 8 mesi.

Pena decisamente ridimensionata rispetto ai 16 anni invocati in mattinata dal pm Guido Schininà, che aveva insistito sull’episodio doloso. Sul computo, oltre alle generiche, ha inciso il riconoscimento dell’attenuante al comma 7 dell’articolo 589 bis del codice penale, che prevede la diminuzione fino alla metà della pena qualora l’evento letale non sia «esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole». In pratica, con tale attenuante - invocata dalla difesa - il giudice ha aperto alla tesi del concorso di causa. Insomma, qualche responsabilità per il gup andrebbe individuata anche nel comportamento delle vittime. In attesa di leggere le motivazioni, il concorso di colpa potrebbe leggersi in questo modo: allo stato di alterazione di Scapin - la causa principale dell’episodio, se, come ha fatto il gup, si sposa il ragionamento della non volontarietà - avrebbe contribuito non solo l’alcol, ma anche ciò che era appena accaduto. E cioè i litigi, la rottura del lunotto e l’impressione di essere inseguito da molti rivali, tutte cose che lo avrebbero mandato nel panico.

Da omicidio volontario a stradale

L’architettura dell’omicidio volontario torna così a crollare in primo grado dopo una traiettoria a zig-zag. L’allora pm titolare del fascicolo Raffaella Latorraca aveva chiesto la convalida dell’arresto e il carcere sostenendo la volontarietà del gesto. Il gip Vito Di Vita aveva convalidato ma derubricando in omicidio stradale e disponendo i domiciliari. A questo punto il pm aveva presentato ricorso, accolto dal Riesame che aveva ristabilito l’omicidio volontario e il carcere. Erano stati allora i difensori di Scapin, Andrea Pezzotta e Riccardo Tropea, a rivolgersi alla Cassazione, che non era entrata nel merito della qualificazione del reato, limitandosi a chiedere al Riesame di rivalutare la misura cautelare, con i giudici bresciani che avevano infine optato per i domiciliari, cui il 34enne è tuttora sottoposto.

Che cosa accadde quella notte? Dopo una serie di screzi tra Scapin e la compagnia dei due ragazzi di Borgo Palazzo, scoppiati dentro e fuori la discoteca Setai a Orio, il 34enne era risalito sulla sua Mini Cooper insieme alla fidanzata per tornare a casa. In via Portico, all’altezza del semaforo con la Cremasca, l’auto di Scapin fu raggiunta dallo scooter guidato da Carissimi. Ferrari, che sedeva dietro, con il casco infranse il lunotto della Mini. La moto ripartì pochi attimi prima dell’auto, la quale era seguita da un altro scooter della compagnia di Borgo Palazzo.

La convinzione dell’accusa è che Scapin abbia reagito in preda all’ira, sterzando volontariamente a destra, mentre s’accingeva a superare la moto, in modo da far cadere i due ragazzi. Di diverso avviso i difensori che avevano invocato la derubricazione in omicidio stradale. Il loro consulente tecnico, l’ingegner Luigi Fiumana, ieri in aula ha proiettato il video dello scontro sostenendo che la sterzata a destra non avviene prima dell’impatto, ma subito dopo, come conseguenza dell’urto (involontario) durante il sorpasso. Ieri è stato sentito anche il consulente della Procura, l’ingegner Domenico Romaniello, secondo il quale la sterzata a destra è stata invece voluta dall’imputato.

Risarcimenti per 1,6 milioni

Comportamento, quest’ultimo, che per Dimitri Colombi, legale di parte civile della famiglia Ferrari, è compatibile con la personalità di Scapin emersa da una perizia psichiatrica commissionata dalla difesa. Francesca Longhi e Alessandro Magni, avvocati di parte civile dei Carissimi, hanno cercato di smontare l’ipotesi della provocazione che avrebbe potuto portare a un’attenuante se fosse stato riconosciuto l’omicidio volontario.

Più di 1,6 milioni di euro i risarcimenti stabiliti dal gup: 300 mila a ciascuno dei 4 genitori; 115 mila alla sorella di Luca Carissimi; 100 mila a testa ai suoi due nonni e al fratello di Matteo Ferrari. Ma che il denaro in circostanze tragiche come queste non conti nulla, lo dimostrava la delusione dei familiari dopo la sentenza. «Ci sentiamo abbandonati dallo Stato - era lo sfogo di Laura Spreafico, la mamma di Matteo -. È la giustizia dei bugiardi. Bugiardo l’imputato e bugiarda la sua fidanzata che ha mentito per difenderlo». A casa avviliti se ne sono tornati pure Marco e Maria Cristina Carissimi, i genitori di Luca.

La lettera dell’imputato

Scapin non s’è presentato nemmeno ieri, ma ha tenuto a precisare che la sua assenza in questo processo non è un gesto di spregio bensì di rispetto. Lo ha fatto con uno scritto letto in aula dai difensori, in cui spiega che è per non arrecare ulteriore dolore ai familiari dei due ragazzi se non è mai comparso davanti al gup. L’imputato si dice sconvolto per la tragedia, sostiene di essere consapevole di dover pagare per ciò che ha fatto e chiede scusa alle famiglie dei due giovani.

«Preferisco non commentare l’esito del processo - dichiara Pezzotta - perché, anche se il gup ha riconosciuto che non è stato un omicidio volontario, resta comunque una tragedia in cui sono morte due persone». No comment anche da Tropea.

Perplesse invece le parti civili. «È una sentenza che richiede del tempo per essere meditata e quindi capiremo leggendo le motivazioni - afferma Colombi - Sono sorpreso del fatto che sia stata concessa l’attenuante del concorso di causa e vorrei capire perché siano state riconosciute le generiche». «Verdetto singolare - incalza Longhi -, dal momento che c’è un giudicato cautelare in cui la Cassazione ritiene ineccepibile il ragionamento del Riesame che sosteneva la tesi dell’omicidio volontario».

Bisognerà capire le intenzioni della Procura, ma c’è da credere che il ricorso in appello sia mossa scontata.

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