Sanremo, l’importante è esserci: hanno vinto... tutti, non solo Olly

IL COMMENTO. Il Festival potrà non piacere, ma resta un evento dal quale la musica italiana non riesce a prescindere.

Ore 2 di notte del 16 febbraio nel nuovo calendario contiano accelerato. Il computo dei voti da terra, mare e aria (ossia stampa, televoto e radio; come da nuovo regolamento) ha decretato il vincitore della 75esima edizione di Sanremo: Olly con la sua «Balorda nostalgia».

Il giovane Olly l’ha spuntata tra una cinquina molto agguerrita composta da Fedez, Cristicchi, Brunori Sas e Lucio Corsi. Una cinquina di qualità che però ha stupito (e deluso) parecchi nella platea dell’Ariston. Bruciava soprattutto l’esclusione di Giorgia e Achille Lauro dalla cinquina finale. La standing ovation per Giorgia – che ha ricevuto il premio Tim – ha comunque rimarcato il grande affetto del pubblico per la sua voce straordinaria. Riconoscimenti anche per Corsi, arrivato secondo, con il premio della critica. A Brunori Sas è andato il premio per il miglior testo e a Cristicchi per la composizione.

Hanno vinto... tutti

Tutto chiaro? No, perché in realtà Sanremo l’hanno vinto… tutti. Come sarebbe a dire tutti? Sì, proprio tutti. Tutti e 29 i concorrenti in gara.

Sveliano l’arcano: l’attuale Festival di Sanremo benché inserito nella categoria delle competizioni canore, non si propone di stabilire un indice di valore assoluto delle singole canzoni/interpreti. La sua funzione primaria è offrire una gigantesca passerella per la musica prodotta nel Belpaese.

Qualche decennio fa andare a Sanremo significava davvero inserirsi in un ristretto campionato nel quale si misuravano la qualità di un artista, l’appeal di una canzone, la sua capacità di restare nelle orecchie. L’obiettivo era incoronare il brano più rappresentativo di un gusto nazionale, filtrato alla maniera di Sanremo.

L’importante è esserci

Dopo la digitalizzazione della musica la funzione del Festival è cambiata. La cartina di tornasole di questa lettura sta nella serenità/ansia dei cantanti in gara. Ciò che li preoccupa è la performance più che la classifica. L’importante non è vincere, ma esserci e presentarsi bene. Questo l’hanno colto tutti, giovani e big: dalle nuove proposte con i loro tre minuti sul palco ai cantautori, che fino a qualche decennio fa schifavano l’Ariston considerandolo il tempio delle banalità e del cattivo gusto.

I rischi per chi fa musica

Oggi con il business del disco ridotto ai minimi termini, il flusso dei ricavi sta nelle visualizzazioni in rete, nelle ospitate ai vari programmi e manifestazioni e nei tour dei concerti. Un lavoro sul campo, gestito da manager e case discografiche, a ritmo incessante. E da questo punto di vista non deve sorprendere che parecchi giovani artisti di dieci/quindici anni fa siano già uno sbiadito ricordo: il processo di logoramento del cantante è altissimo. A rischio sono soprattutto gli interpreti di musica altrui che quando per qualche ragione (salute/stress/carattere/età) raggiungono il punto di saturazione, scivolano facilmente nell’oblio.

Sanremo resta Sanremo

Sanremo quindi è un evento primario della musica italiana e dell’industria discografica. È un cuore che batte e riempie piazze, palazzetti e stadi unendo arte popolare ed economia. I cantanti ne sono ben consapevoli, dal big all’ultimo arrivato, sanno che al Festival devono dare tutto ciò che possono (niente notti brave, roba da dilettanti). La manifestazione può non piacere, la formula può essere vetusta e ridondante, ma indubbiamente rappresenta un evento dal quale la musica italiana ormai non riesce a prescindere. E, stando ai numeri di ascolti e visualizzazioni dell’edizione 2025, neanche il pubblico. Solo Sanremo batte Sanremo.

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