La finale con la Juve
in un mondo capovolto

Verrebbe quasi da dire: hai conquistato un posto in Champions League per la terza stagione di fila e domenica ti giocherai la possibilità di chiudere il campionato al secondo posto e stabilire un nuovo record nella storia del club, cosa vuoi di più dalla vita? Finire il lavoro. Mercoledì sera a Reggio Emilia, nella finale di Coppa Italia. Che non significherebbe semplicemente battere la Juventus, ma certificare che i nerazzurri hanno capovolto il mondo.
Guardate lo scenario davanti ai vostri occhi: l’Atalanta che giocherà ancora nell’Europa delle grandi, la Vecchia Signora che rischia di retrocedere in Europa League. Nessuno ha dimenticato l’uscita infelice del presidente Andrea Agnelli, l’anno scorso, quando si dichiarò perplesso per il fatto che Bergamo andò dritta in Champions, pur senza avere una storia in proposito, mentre «penso poi alla Roma, che ha contribuito negli ultimi anni a mantenere il ranking dell’Italia, ha avuto una brutta stagione ed è fuori. Bisogna proteggere gli investimenti».

E in nome di quel «proteggere gli investimenti» ha costruito con altre big d’Europa il progetto Superlega, naufragato 48 ore dopo il lancio e ora fonte di possibili grossi guai per la società bianconera. Voleva (e, salvo redimersi per evitare di pagare un tragico dazio come l’esclusione da tutto, vorrebbe ancora) la Superlega, ma intanto è scivolato in campionato e ora potrebbe finire nell’Europa di serie B. L’Atalanta – che, a pensar male, avrebbe dovuto sentirsi un’«intrusa» in Champions – invece è lì che guarda la Juve dall’alto al basso e può sferrare il colpo di grazia. È il calcio che consuma la sua nemesi storica. Ma l’Atalanta non giocherà per vendetta, mercoledì scenderà in campo con il massimo rispetto verso un’avversaria con la bacheca zeppa di trofei e cercherà di vincere – stavolta da favorita dal pronostico, anche qui è il mondo ribaltato – per riportare a casa quella Coppa Italia che manca dal 1963 e coronare il lavoro cominciato cinque anni fa da Gasperini e condotto dal tecnico torinese con grande cura, assistito da giocatori, da uno staff e da una dirigenza dimostratisi di altissimo livello. Alzare la Coppa Italia sarebbe anche un premio a tutto il popolo nerazzurro e alla nostra terra, legati all’Atalanta da un cordone ombelicale.

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