Ci si può solo allenare ma senza contatti
Calcio dilettanti, ecco tutti i paletti

Dirigenti al lavoro sulle nuove squadre, allenatori intenti a programmare la preparazione, giocatori confermati o in procinto di cambiare casacca. Sembra un giugno qualsiasi, per il calcio dei dilettanti, invece è tutta un’altra estate.

L’ombra del coronavirus, in regressione ma tutt’altro che sconfitto, continua ad aleggiare sul pianeta e di tornare a giocare come s’è sempre fatto, in questo momento, proprio non se ne parla: il ministro Spadafora ha annunciato una valutazione sulla riapertura agli sport di contatto solo a partire dal 25 giugno (il che non significa che la ripresa sarà automatica da quella data: è possibile anche una decisione diversa regione per regione), dunque le attività agonistiche restano sospese e chissà quando verrà dato loro il via libera. Ma in qualche modo si prova comunque a ripartire, con i camp estivi «covid free» e le varie iniziative che si moltiplicano nel doveroso tentativo di ritrovare un minimo di normalità.

Il momento dei protocolli

Questo è il momento dei protocolli, una serie di disposizioni dapprima generali, poi via via sempre più specifiche. L’Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri ha licenziato le Linee guida per l’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere, insieme alle Modalità di svolgimento degli allenamenti per gli sport di squadra, con tutte le istruzioni riservate alle discipline non individuali (ci sono calcio, basket, volley, eccetera, dove per eccetera si intendono anche, fra le altre, il curling, il cheerleading e il calcio storico fiorentino…).

Poi, ogni federazione ha ristretto il campo: ed ecco dunque la Figc redigere il Protocollo attuativo per la ripresa in sicurezza delle attività di base e degli allenamenti del calcio giovanile e dilettantistico, affiancandolo con una serie di Proposte pratiche per le sedute di allenamento. Allenamento è la parola chiave, perché attualmente solo quello si può fare, aspettando che la situazione generale consenta di allentare la morsa.

Del resto, con le attuali direttive giocare sarebbe del tutto impossibile. Per questioni pratiche, organizzative, di responsabilità: le 25 pagine del Protocollo attuativo, oltre a ribadire una serie di abitudini ormai assimilate (comportamenti individuali e d’igiene; come lavarsi le mani e indossare la mascherina) fissano una serie di paletti che rendono davvero difficile fare calcio come lo si è sempre inteso. A partire da una serie di adempimenti relativi all’impianto sportivo (punti di ingresso e di uscita, circolazione al suo interno, divieto di assembramento) e continuando con l’utilizzo degli spogliatoi, che «non è consigliato» e «potrà essere consentito soltanto in locali ben aerati e mantenendo il distanziamento interpersonale di almeno 2 metri, contingentando gli accessi». Il tutto, ovviamente, assicurando «specifico controllo, pulizia e frequente sanificazione».

Gel e palloni

Accanto al classico materiale sportivo – tutto da sanificare dopo l’uso, palloni compresi – fanno il loro ingresso nella dotazione societaria gel igienizzanti, mascherine, guanti, termometri, insieme ai detergenti necessari a una continua pulizia. Vietate le pettorine in comune, eventualmente sostituite da fratini personali. Così come assolutamente personali dovranno essere le borracce.

Grande attenzione alla figura del medico, o in alternativa di persona adeguatamente istruita e comunque in contatto con un sanitario di riferimento. Consigliata anche la presenza di uno psicologo, mentre tutti i vari operatori dovranno essere preparati da appositi incontri on line di formazione. Quanto ai trasporti, all’interno dei pulmini devono essere rispettati gli adempimenti del caso, mentre i genitori potranno trasportare sulle loro auto soltanto i figli propri e non anche quelli altrui. Poi c’è l’attività sul campo, e qui è davvero difficile parlare di «seduta di squadra»: l’ingresso deve essere scaglionato, occorre mantenere la distanza interpersonale di due metri – e di quattro dall’allenatore – evitando ogni contatto fisico, lavorare affiancati e non in scia (pericolo droplet): il tutto suddivisi in piccoli gruppi e all’interno di spazi ben delimitati. E attenzione ai portieri, a cui ora è proibito sputare sui guanti!

L’autocertificazione

Non manca infine un po’ di sana burocrazia, considerando il modello di autocertificazione da compilare prima di ogni accesso all’impianto. Dove, tra l’altro, i genitori non potranno entrare: e di questo, forse, tanti allenatori potrebbero essere lieti. Fuor di battuta: è chiaro che questo protocollo è steso in virtù dell’attuale situazione sanitaria e normativa, e che si prefigge solamente di agevolare il graduale ritorno alla normalità delle prassi. Andrà per forza di cose aggiornato in base all’evoluzione della realtà epidemiologica, probabilmente già a fine giugno: arriverà pure il momento in cui – è l’auspicio di tutti – la salvaguardia della salute diverrà compatibile con le regole del gioco del calcio

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