Il Brusa si affida a Carobbio
Da un ex AlbinoLeffe all’altro

Da Ivan Del Prato a Filippo Carobbio. Sulla panchina del Brusaporto passaggio di consegne tra ex AlbinoLeffe.

Da lunedì 15 giugno è ufficiale l’approdo di «Pippo» sulla panchina del Brusa. Carobbio negli ultimi due anni e mezzo ha allenato il Ciliverghe (Serie D), la squadra bresciana che l’aveva accolto, da giocatore, per la rinascita dopo il periodo buio del calcioscommesse e la lunga squalifica (2 anni e 2 mesi).

In provincia di Brescia, a partire dal 2014, tre anni da faro del centrocampo. Poi in panchina alla guida della juniores e in seguito in prima squadra. Due anni positivi. E il terzo interrotto da un esonero a gennaio. Ora la voglia di riaffermarsi nella Bergamasca (la sua ultima stagione in provincia da giocatore nel 2008/09 con l’AlbinoLeffe): «Ciliverghe è stata come una seconda famiglia. Li ringrazierò sempre. Allenare nella mia terra, però, ora è sicuramente uno stimolo in più. Significa tanto. Il passato è una cicatrice dentro di me che rimane e sto parlando a livello personale: ma tornare nella Bergamasca può aiutare a lenirla. Il Brusaporto mi sta dando una grande opportunità di crescita. E forse sono riuscito a convincerli nella scelta, trasmettendo proprio questo grande entusiasmo e voglia di fare». Il primo impatto con il Brusa? «Ottimo – spiega Carobbio –, ho avuto l’impressione di una vera famiglia, che lavora con passione sempre e solo per il bene del Brusa. So che devo parlare con i risultati. Del Prato ha fatto un bellissimo lavoro con tutta la società, al primo anno di D, e mi ha lasciato una eredità pesante. Gioco e concretezza: dobbiamo salvarci».

Volontario durante la pandemia

Carobbio vive a Nembro, ha vissuto sulla pelle il dramma del paese devastato dal Covid. E ha dato il suo contributo facendo il volontario: «Rispondevo al centralino del Comune – dice lui –: esperienza che mi ha arricchito come persona. In un momento così drammatico e angosciante per la comunità, ho pensato che avrei dovuto dare una mano in qualche modo. Rispondevo dando informazioni su questioni tecniche, sui decreti o per esigenze di prima necessità. Ma anche solo per dare supporto morale e un conforto a persone sole e spaventate per quello che stava accadendo». Una telefonata che ha graffiato l’anima più di altre? «Quella con un signore piuttosto anziano – sospira Carobbio –; ha capito chi fossi, conosceva mio nonno e la mia storia. È stata una lunga conversazione, a cuore aperto per entrambi». E ora Nembro come sta? «C’è speranza , è stato un periodo terrificante. Ma c’è voglia di ripartire».

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