Mangiapoco, prima chiamata in Serie A: «Io, dall'oratorio di Cornale alla Juve»

LA STORIA. Il portiere 21enne di Nembro, ex Pontisola, è stato convocato contro l’Udinese: «Sono partito dal basso, il lavoro paga sempre. Il mio luogo del cuore? Il monte Poieto».

In un anno è passato dai dilettanti alla Serie A, dai campi di provincia al prestigioso Juventus Stadium. È la favola del portiere bergamasco Stefano Mangiapoco, 21enne di Nembro, che sta vivendo il sogno bianconero dopo essere partito dalla gavetta.

La storia di Mangiapoco

Cresciuto nel Ponte San Pietro (già Pontisola) e passato anche da Pro Palazzolo e Giana Erminio, da luglio gioca nella Juventus Next Gen in Serie C, allenato dall’ex mister della Primavera atalantina Massimo Brambilla. Mercoledì 29 ottobre Mangiapoco ha vissuto uno di quei momenti che ricorderà per sempre, convocato in Serie A per la sfida contro l’Udinese in casa a Torino. A «regalargli» la prima chiamata nella massima serie è stato proprio Brambilla, che ha allenato ad interim la prima squadra della Juve, dopo l’esonero di Igor Tudor, poi sostituito da Luciano Spalletti. Per sopperire all’infortunio del terzo portiere Carlo Pinsoglio l’allenatore ha scelto Mangiapoco, che dalla panchina ha assaggiato per la prima volta l’atmosfera della Serie A, gioendo per la vittoria 3-1 dei suoi.

«Ci ho sempre creduto»

«È stata davvero una grande emozione - racconta il portiere seriano, che si ispira a Thibaut Courtois del Real Madrid -. I giocatori della prima squadra mi hanno accolto benissimo, anche negli allenamenti. Non mi immaginavo di ricevere la prima convocazione in A dopo un solo anno tra i pro, anche perché quando sono arrivato alla Giana, nell’estate del 2024, l’impatto con la C non è stato facile, complice anche un’operazione al menisco, ma poi ho carburato e mi sono abituato ai nuovi ritmi. Sono partito dal basso, dall’oratorio, ma ci ho sempre creduto, la mia storia è la dimostrazione che con il lavoro, l’umiltà e l’impegno si può arrivare ovunque, migliorandosi un giorno alla volta. Dedico questa gioia alla mia famiglia, ai miei genitori Diego e Laura, a mio fratello Gabriele, a mia sorella Maria e alla mia fidanzata Lara, che mi appoggiano e supportano sempre, anche ora che sono fuori casa, e a tutte le persone che hanno creduto in me, nelle varie squadre».

Tra Cornale e Pradalunga

Il classe 2004 ha mosso i primi passi calcistici tra Oratorio Cornale e Pradalunga, giocando con i più grandi, prima di passare al Sarnico e poi, nei giovanissimi, al Ponte, con cui ha fatto tutta la trafila fino alla Serie D: «Ho sempre voluto stare in porta, quando ero piccolo mia nonna mi ha regalato dei guanti da portiere pensando che fossero dei semplici guanti per scaldarsi, invece quello è stato un regalo profetico - ricorda -. Nella mia famiglia si respira sport. Papà era portiere nell’Albinese, mio fratello, tifosissimo dell’Atalanta e abbonato in Curva, fa il portiere negli Oratori Alzanese, mentre mia sorella gioca a basket. Mio bisnonno materno, Bruno Gambarelli, era calciatore. Sono molto legato alla famiglia, quando riesco torno sempre a Bergamo. Il mio luogo del cuore è il monte Poieto, dove abbiamo una casa di famiglia in cui ritrovarsi tutti insieme per le grigliate. Ma anche Città Alta è davvero un incanto».

«E pensare che fino ad un anno fa vedevo tutti questi campioni solo in televisione, dal divano»

Per Mangiapoco le porte del professionismo si sono aperte nel 2024, quando dopo una stagione in D a Palazzolo è stato preso dalla Giana, imponendosi come protagonista in C, fino ad arrivare anche alla finale di Coppa Italia di categoria, persa contro il Rimini. «Tutte le tappe del mio percorso sono state determinanti per crescere - prosegue Mangiapoco -. Gli obiettivi sono cambiati col tempo. Quando ero a Ponte sognavo di arrivare in D. Ora punto a salire di categoria, dalla C. Qui alla Juve è la mia prima esperienza lontano da casa e sta andando bene. Si respira la storia del club e anche allenarsi con la prima squadra, con è veramente formativo. Il livello è altissimo. Dusan Vlahovic, Khephren Thuram e Teun Koopmeiners mi hanno impressionato tantissimo. E pensare che fino ad un anno fa vedevo tutti questi campioni solo in televisione, dal divano».

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