Abbigliamento, ripresa con tanti dubbi
Sanificazione dei capi e ingressi limitati

L’obbligo e i costi di sanificazione dei capi potrebbero anche portare al divieto di prova nei negozi. Ingressi contingentati: non più di due persone in 40 metri quadri di spazio. Obbligo di mascherine e guanti per tutti.

Difficile trovare la taglia giusta. Lo ammettono anche le associazioni di categoria che rimandano la questione ai livelli nazionali. Perché come riapriranno i negozi di abbigliamento e calzature è tutto ancora da capire, e la scadenza più probabile non è proprio così lontana: l’11 maggio pare.

Nell’attesa, le vetrine sono lì sospese, cristallizzate tra gli ultimi saldi di una stagione invernale chiusa bruscamente e quell’accenno di primavera-estate che si annuncia disastroso per i mancati incassi. Si tornerà a comprare qualcosa in questi mesi? Oppure in mezzo alle (tante e legittime) preoccupazioni si passerà dritti fino al prossimo autunno-inverno’ Nell’attesa, tutto resta al di là delle vetrine: guardare e non toccare. E potrebbe essere proprio questo il futuro che ci aspetta, almeno a breve-medio termine.

Catene e piccola distribuzione

Da un paio di settimane, in Lombardia, hanno riaperto i negozi per neonati e bambini. Un primo esame delle modalità d’accesso può essere utile per meglio inquadrare il problema. Si entra con la mascherina (e fin qui...) e se il cliente ne è sprovvisto vengono forniti anche i guanti. Si può toccare la merce e portarla in cassa: nel caso di acquisto sbagliato, la si può restituire, ma finisce in magazzino per almeno 48 ore dove viene sanificata con getti di vapore a temperatura elevata.

C’è poi la questione degli spazi. La normativa allo studio si muove su alcuni punti fissi: orari differenziati, mascherine e guanti per tutti - clienti e addetti - distanza di sicurezza maggiore di un metro e più vicina ai due. In un negozio da 40 metri quadri ci potranno stare massimo 2 persone, in uno di 120 non più di 4 che diventano 6 in quelli da 200 metri.

Già da questi dati si comprende come le modalità di fruizione dei negozi sono destinati a mutare radicalmente: paradossalmente non tanto quelle dei negozi piccoli, dove difficilmente c’è sovraffollamento, bensì quelle delle grandi catene, molto più frequentate. E spesso in modo disordinato.

Chiaro che, oltre a misure come dispenser di sostanze sanificatrici all’ingresso e alla cassa, ci dovranno essere degli addetti che contingentano i flussi, come accade nei giorni dei saldi. Evento che difficilmente rivedremo a breve termine. Chi ha g spazi adeguati dovrà inoltre prevedere ingresso e uscita separati per i clienti.

Tutti gli scenari possibili

Il problema vero è però cosa succede una volta dentro. I locali verranno sanificati fino a 2 volte al giorno, ma i capi d’abbigliamento? È qui che si fa ancora molta fatica a trovare la taglia giusta per le regole, e l’indicazione general generica di procedere ad una sanificazione anche i quelli in esposizione è giudicata impraticabile dalle associazioni di categoria. Per diversi motivi.

Il primo economico: il costo dell’apparecchiatura potrebbe essere un problema per i negozi piccoli, soprattutto di questi tempi. Il secondo: la merce in esposizione si può sì sanificare, ma fino ad un certo punto. O meglio, fino ad un certo numero di volte, poi si rischia anche di rovinarne la qualità.

Pensiamo alle grandi catene e al classico acquisto di un maglione. Uno lo prova, non gli va bene, lo riconsegna: la commessa lo sanifica e così «enne» volte per tutta la giornata, ogni volta per tutti i capi non acquistati. Oppure lo sposta in magazzino, con il rischio che a fine giornata sia pieno di merce provata e non acquistata. Ma il discorso è applicabile pari pari ai negozi più piccoli: difficile procedere alla sanificazione di ogni capo dopo ogni prova, tanto più che l’acquisto non sempre è immediato ma spesso arriva dopo aver provato diverse varianti. E quindi diversi capi. Tutti da sanificare. Sempre.

Ecco, il punto di tutta questa vicenda è la prova: ovvero il passaggio in camerino «per vedere come mi sta». In queste condizioni di (bassa) sicurezza, delle due l’una: o si vieta, oppure ogni volta che un capo viene provato e non acquistato, finisce dritto alla sanificazione. Con conseguenti costi e tempi. In sostanza, in attesa di una svolta sicura, all’abbigliamento potrebbero anche venire applicate le regole in vigore sulla vendita dell’intimo. Che non si può provare.

Interessante, invece, il caso dei negozi di ottica: c’è già chi si è dotato di un apparecchio che sanifica fino ad 8 paia di occhiali in 90 secondi. La procedura viene ripetuta all’inizio e alla fine della prova, azzerando così il rischio. Ma per lana, cachemire, calzature e altro, la cosa potrebbe rivelarsi molto più complicata. E comprare senza la possibilità di provare, potrebbe essere un ulteriore assist, micidiale, a favore del commercio on line.

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