Addio ad Ambrogio Barlocco, per 53 anni sfornò il pane di Valtesse

LUTTO. Si è spento a 85 anni lo storico fornaio del quartiere: in via Ruggeri da Stabello era un punto di riferimento.

Addio ad Ambrogio Barlocco, storico panettiere di Valtesse, mancato mercoledì 17 aprile a 85 anni. Lascia la moglie Santina, con cui ha condiviso 58 anni di matrimonio, i figli Elena e Pietro e le nipoti Silvia e Michela. E un quartiere in lutto, in ricordo della panetteria che ha accolto e venduto ottimo pane per 53 anni. «Iniziano ad arrivare tutti per ricordare e salutare il mio papà e il suo pane», racconta commossa la figlia Elena, custode dei ricordi di papà nel ripercorrere la storia che ha portato Ambrogio a fondare il negozio nel 1966, in via Ruggeri da Stabello, per diventare un punto di riferimento per la comunità per acquistare «tante cose buone», dice affettuosamente. «Papà ha iniziato a fare il pane a otto anni nel suo paese in provincia di Milano – continua Elena –. Quando ha conosciuto la mamma, avevano il sogno di aprire un negozio e una panetteria tutta loro. Mamma aveva dei parenti in Valle Imagna che l’hanno avvisata che stavano vendendo un piccolo stabile a Valtesse e che era disponibile. E così con poche lire arrivarono e fondarono tutto. All’inizio il negozio era piccolo, ma venticinque anni fa si sono ingranditi».

Lo stop nel 2019

Un forno tanto apprezzato che ha resistito ai cambi di abitudini dei cittadini e agli alti e bassi dei flussi della clientela, fino a dicembre 2019 quando la panetteria ha abbassato la saracinesca per sempre. «Abbiamo venduto a un caffè-pasticceria e, nonostante la perdita di papà faccia riaffiorare tanti ricordi belli, quella vita la lasciamo nel passato», racconta la figlia di Ambrogio. «Tra i ricordi più commoventi di quel forno ci sono i sacchi di farina con cui io e mio fratello giocavamo, saltandoci sopra e spingendoci a vicenda, facendo arrabbiare papà – ricorda Elena –. Tra i tanti insegnamenti che mi ha lasciato, mi resta nel cuore la sua grande passione per il lavoro. Era un uomo di poche parole, ha sempre lavorato duramente. Ma bastava uno sguardo per capire cosa volesse dire, anche per farci capire che dovevamo smetterla di litigare – sorride –. Le parole le lasciava al suo pane, che ha sempre curato tanto. Specialmente le farine. Diceva che il segreto era nella farina: è questo che rende il pane buono».

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