«Il notaio? Meglio fare la pasticciera
Un cuore dolce sotto la Torre Eiffel»

Da Bergamo a Parigi, la storia di Francesca Coppola Bottazzi, della nota famiglia di professionisti. Da otto anni vive a Parigi, n el 2016 ha aperto «Notre Pâtisserie», un riferimento per il quartiere: «Fare dolci dà gioia».

Ai codici e codicilli ha preferito la sac à poche. Non a caso, già dalle elementari, era sempre lei che preparava le torte per le feste. Il cognome non mente – Coppola Bottazzi, stimata famiglia di notai bergamaschi (con una punta di sangue partenopeo nelle vene) – ma Francesca, sorella di mezzo tra Paolo e Giulia, ha imboccato un’altra strada, che porta a Parigi e profuma di dolcezza.

Capello corto, occhi vispi, la (quasi) trentaseienne si racconta sul Sentierone, di ritorno in città per una breve parentesi estiva. Da otto anni, infatti, la sua seconda casa è la capitale francese, dove, dal 2016, ha fondato «Notre Pâtisserie». «Pasticceria di quartiere», come ama definirla. E che quartiere: nel cuore del 7° arrondissement, a due passi dalla Torre Eiffel, è impossibile non notare la vetrina blu tiffany dove choux e pains au chocolat fanno venire l’acquolina in bocca solo a guardarli. «Ho studiato al liceo Sarpi e mi sono laureata in Giurisprudenza alla Statale di Milano, iniziando poi il percorso notarile – scandisce il suo curriculum –, ma capivo che non sarei andata fino in fondo, che non faceva per me. Ho quindi sempre coltivato la mia passione, trascorrendo i weekend in cucina a preparare dolci e iscrivendomi ai corsi del grande pasticcere bergamasco Giovanni Pina».

Alla ricerca di un’esperienza diversa, di sperimentare altro. «E così sono arrivata a frequentare il master di pasticceria Lenotre a Parigi, una città che fa venire voglia di migliorare sempre, elegante con una cultura anche gastronomica forte». Anni tosti («Ero italiana, donna e già “vecchia” rispetto agli apprendisti»), alle dipendenze in diversi locali. Ma con la voglia di farcela e la motivazione a mille. «Volevo qualcosa di mio per metterci mano-cuore-testa». Il sogno si realizza (anche con l’aiuto della famiglia che l’ha sempre sostenuta) quando Francesca s’imbatte nel cartello «Vendesi» e il negozio in rue Amélie diventa suo. Mamma si scopre designer per dare un’impronta all’ambiente, e Francesca getta il cuore oltre l’ostacolo lanciandosi nell’avventura imprenditoriale. «Nasce così “Notre Pâtisserie”, un posto che già dal nome vuole essere familiare e accogliente. A poco a poco è diventato un punto di riferimento per il quartiere, infatti ho quasi più clientela locale che turistica. Quando vado a fare la spesa con la giacca della pasticceria, mi riconoscono tutti». Anche perché Francesca non si limita a preparare i dolci (fino a venti tipi diversi di monoporzione, a seconda della stagione, con qualche concessione alla tradizione italiana, ma senza forzare, con tiramisù e babà rivisitati) sotto gli occhi di chi le fa visita: tutte le fasi di lavorazione sono in diretta, grazie a una vetrata-atelier. Ha sempre una parola di benvenuto.

«Non volevo il modello “avanti il prossimo”, ma una relazione umana, ho cercato un lavoro che potesse trasmettere gioia, un croissant o un Paris-Brest riescono sempre a regalare un sorriso». Anche se non manca la fatica: sveglia all’alba e in laboratorio dalle 5,30 in settimana e dalle 4 per le colazioni del weekend, sempre in pista finché l’ultimo attrezzo non è stato sistemato. «Questo è il lato che non fanno vedere nelle trasmissioni televisive – scherza –: ci vogliono tanta precisione, pazienza e organizzazione». Lo sanno bene le collaboratrici (lo staff è tutto al femminile), una decina quest’anno, che la affiancano. «È un lavoro di squadra, il risultato si raggiunge insieme». Francesca ammette che alla fine ha ricreato una «piccola Bergamo» anche nella capitale Parigi: «Non è detto – annuncia – che in futuro “Notre Pâtisserie” non possa aprire anche a Bergamo».

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