L’influenza comincia a correre, già ottomila casi a settimana

I DATI. I «medici sentinella»: ogni mille pazienti, 7-8 con i sintomi del virus. I bambini sono i più colpiti. Marinoni: «Vaccinazione importante».

Naso tappato e starnuti, tosse e febbre. Che l’autunno sia arrivato, lo racconta anche questo «termometro». E lo certificano i dati: sulla base dei report di «InfluNews», la rete di sorveglianza delle sindromi simil-influenzali in Lombardia, si può stimare che in Bergamasca si stia attualmente viaggiando a un ritmo di poco più di 8mila casi a settimana tra influenze, sindromi parainfluenzali e altri virus respiratori stagionali. Nelle prime tre settimane di ottobre, sarebbero così circa 25mila i bergamaschi alle prese con questi malanni.

Da inizio ottobre 25mila casi

Lo dicono appunto i numeri elaborati sulla base dei «medici sentinella», i medici e pediatri che partecipano al progetto di sorveglianza. Attualmente – appunto nelle ultime tre settimane monitorate, con valori sostanzialmente omogenei – l’incidenza di queste sindromi è mediamente di circa 7,5 casi ogni mille assistiti: ogni mille pazienti – in altri termini – ciascun medico lombardo ne ha 7-8 con i sintomi tipici di influenza e virus affini; da qui la stima di circa 250mila casi in tutta la Lombardia e 25mila in Bergamasca nel giro di tre settimane.

Il picco arriverà naturalmente con l’inverno: lo scorso anno i tempi furono anticipati e i valori massimi si toccarono tra il 28 novembre e il 4 dicembre con oltre 200mila casi in Lombardia in una settimana (e circa 23mila in Bergamasca), mentre tradizionalmente il picco si raggiungeva verso gennaio. Le curve tracciate in queste settimane dagli epidemiologi lombardi indicano un andamento simile a quello di un anno fa, quando l’influenza iniziò a circolare appunto precocemente e con valori superiori alla media. È stato un ritorno alla normalità, in un certo senso, dopo gli anni di emergenza pandemica in cui l’uso delle mascherine e le diverse restrizioni determinarono una circolazione invece minima dell’influenza, proprio perché le norme anti-Covid avevano effetti anche sugli altri virus respiratori.

Entrando nel dettaglio delle fasce d’età, come di consueto sono i bambini più piccoli i più colpiti: guardando ai dati dell’ultima settimana monitorata, l’incidenza delle sindromi influenzali e para-influenzali è di 16,8 casi ogni mille assistiti tra gli 0 e i 4 anni, per poi scendere a 4,2 casi ogni mille persone tra i 5 e i 14 anni, a 8,3 casi ogni mille persone tra i 15 e i 64 anni e infine a 5,3 casi ogni mille assistiti con oltre 65 anni d’età.

L’importanza del vaccino

«È evidente che la fine dell’uso delle mascherine abbia un riflesso sulla diffusione di tutti i virus respiratori, come l’influenza oltre che il Covid – rileva Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo –. Nei luoghi dove ci possono essere situazioni di assembramento, la mascherina è ancora utile». Certo, osserva Marinoni, «oggi chi ancora la indossa viene guardato in maniera un po’ strana, perché si è persa l’abitudine e perché il periodo dell’emergenza è ormai finito. Ma indossarla resta una buona idea soprattutto per quelle persone che hanno contatti con anziani e fragili».

E così, se la mascherina rischia quasi di passare per «tabù», la prevenzione corre lungo un’altra strada: «Un fattore importante è la vaccinazione antinfluenzale – sottolinea Marinoni –, e anche quella anti-pneumococco nelle categorie a rischio». Queste sono anche le settimane in cui si comincia a capire il reale «appeal» della vaccinazione: al 18 ottobre risultavano, secondo i dati dell’Ats, 15.699 somministrazioni dell’antinfluenzale. «Sarà importante verificare le risposte nelle prossime settimane – commenta Marinoni –. Alcuni aspetti della campagna sono ancora da migliorare, per esempio non in tutti i punti vaccinali è possibile ricevere la co-somministrazione (cioè ricevere antinfluenzale e anti-Covid nella stessa seduta, ndr). Bisognerebbe rafforzare la campagna comunicativa e informativa. È importante anche la vaccinazione anti-Covid nelle categorie a rischio, anche se lo scenario ormai è decisamente diverso dal passato: praticamente tutta la popolazione si è immunizzata, o grazie alla vaccinazione o per via di una infezione».

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