Lo sport si interroga sullo stop forzato
Petizione online: raccolte 30 mila firme

Dopo l’ordinanza che ferma i dilettanti nelle discipline «di contatto», è stata lanciata on line una petizione per modificarla che ha raccolto 30 mila adesioni. Perplessità anche nel mondo del rugby.

Da due giorni fra i dilettanti non si parla d’altro. L’ordinanza regionale di venerdì sera ha bloccato totalmente le attività sportive «di contatto» (prime squadre, ma anche e soprattutto settore giovanile), chiudendo i cancelli dei centri sportivi e le porte delle palestre. Bloccate le competizioni ufficiali, ma stop anche agli allenamenti: norme regionali che prevalgono sull’ultimo Dcpm, che su scala nazionale «salva» di vere competizioni.

Insomma, il Covid non risparmia nessuno, come peraltro si è visto con l’avvio dei campionati di calcio: sempre più lungo l’elenco delle gare rinviate, con provvedimenti presi d’ufficio di fronte ai tesserati positivi (che purtroppo non sono mancati nemmeno nella nostra provincia) o tamponi in attesa d’esito, con squadre in quarantena. Una situazione dettata evidentemente dall’acuirsi dell’emergenza sanitaria anche a livello lombardo, dove i contagi sono tornati a crescere in maniera esponenziale, ma che ha suscitato parecchio malumore fra gli addetti ai lavori. On line è stata persino promossa una petizione che sta raccogliendo adesioni. Reca il titolo «Modificare l’ordinanza 620 della Regione Lombardia: stop all’irragionevolezza» ed è stata lanciata questo sabato per chiedere di alleggerire le misure restrittive e in un paio di giorni ha quasi raggiunto la quota di circa 30.000 firme.

Il calcio ha intanto dovuto fermare i suoi campionati, ma non è che altrove l’impatto sia stato più soft. Si prenda il mondo del rugby, dove la Federazione ha imposto alle società (a loro spese) il sierologico per tutti i tesserati. Giuliano D’Angelo, direttore sportivo del Rugby Treviglio, snocciola i suoi numeri: «Più di 150 test, zero positivi al 7 ottobre, a parte un collaboratore esterno subito isolato; e anche nei giorni successivi nessun caso neppure sospetto. Non sono un esperto, ma mi pare che le percentuali di contagio nello sport non arrivino all’1%».

E così, a star fermi si morde il freno: «Avevamo fatto sforzi notevoli per adeguare la nostra attività a tutti i protocolli, riuscendo comunque ad attrezzarci a dovere e responsabilizzare gli atleti. Non solo: anche i genitori si sentivano coinvolti, c’era dialogo e aiuto reciproco nel tenere sotto controllo la situazione. Tanto impegno per nulla? Continuiamo a sperare che, almeno, ci permettano di riprendere gli allenamenti». Intanto il pensiero corre ai campionati: «L’ordinanza blocca tutto sino al 6 novembre, i nostri tornei dovrebbero cominciare la settimana dopo: ammesso che lo stop non venga prolungato, sarà impensabile ripartire subito con la fase agonistica, perché gli atleti avranno bisogno di riprendere la preparazione. Quindi, credo che tutti i programmi finiranno con l’essere rivisti».

C’è chi, comunque, non si sente in disaccordo con queste decisioni piovute all’improvviso sul volto più genuino dello sport. Il presidente della Scanzorosciate Pallavolo, Maurizio Tonoli, preferisce allinearsi alla svolta di prudenza che ha fermato anche i suoi 250 tesserati: «Io voglio credere che il 7 novembre si potrà davvero ricominciare, dunque mi auguro che questa pausa forzata possa aiutare a fronteggiare i numeri preoccupanti che stanno girando. Non dimentichiamo cosa è successo a marzo, soprattutto dalle nostre parti: qualche sacrificio, anche a livello di passione, ci può ben stare in attesa di trovare il modo per venirne fuori». La preparazione atletica, i campionati, le quote già versate per le iscrizioni sono temi comunque sempre sotto osservazione: «Restiamo ovviamente e doverosamente sensibili alle esigenze dei tecnici, dei giocatori e delle famiglie: vediamo come va in questo mesetto, poi si potranno fare tutte le valutazioni del caso».

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