Lorini: «I nostri anziani
vanno protetti, è un atto d’amore»

Luca Lorini, direttore del Dipartimento Emergenza Urgenza e dell’Area critica dell’Asst Papa Giovanni XXIII: su oltre 36 mila vittime Covid 34 mila avevano dai 60 anni in su. «Non si perda tempo».

Contagi in impennata costante, aumento dei ricoverati, Terapie intensive vicine alle soglie di allarme: sono ore concitate, per Governo e Regioni, nel tentativo di trovare soluzioni per abbassare la curva dei nuovi positivi al Sars-Cov2; ieri, tra le ipotesi lanciate dalle Regioni è emersa quella di «isolare» le persone dai 70 anni in su. Il Governo pare sia intenzionato a percorrere altre strade, stando ai rumor della serata di ieri, ma l’idea di proteggere i più fragili, quella fascia di popolazione che è stata anche la più bersagliata nell’esplosione della pandemia, stava circolando già da giorni.

Luca Lorini, direttore del Dipartimento Emergenza Urgenza e dell’Area critica dell’Asst Papa Giovanni XXIII aveva lanciato l’appello «proteggiamo i più fragili» almeno due settimane fa. «E mi chiedo perché non si ci sia ancora mossi su questa necessità. I numeri parlano da soli: su oltre 36 mila vittime di Covid in tutta Italia, più di 34 mila avevano dai 60 anni in su, con i maggiori picchi nella fascia tra i 70 e gli 89 anni – rimarca Lorini – . Sono i numeri dell’Istituto superiore di sanità, aggiornati a metà ottobre, e ci indicano di attivare soluzioni che permettano di proteggere le persone che rischiano di più, se contagiate dal Sars-Cov2: il modo migliore è che queste persone non incontrino né frequentino nessuno. nemmeno i parenti, anzi, soprattutto i parenti. È durissimo ascoltare e pronunciare una frase simile, ma bisogna intervenire in questa direzione. Diversamente, a breve non avremo più posto per curare le persone negli ospedali. Non solo i malati Covid, anche gli altri. Soprattutto i tanti anziani, malati cronici».

Proteggere i più fragili, per salvarli dalla violenza del Covid e per poter curare tutti, giovani e anziani. Ma, si può obiettare, ci sono tante persone over 70 che non possono vivere da sole, ci sono tanti over 65 che sono essenziali per l’equilibrio delle famiglie di figli e nipoti, e tutti, senza distinzione d’età, sono una componente fondamentale della nostra società. «Lo sono, infatti, e proprio per questo vanno protette. Mettiamola così, ancora con i dati: quello che sappiamo, rispetto all’esperienza passata, è che nella fascia d’età più avanzata se si viene infettati dal nuovo coronavirus c’è il 50% di probabilità di morire. Non siamo più in una situazione come quella di marzo, quando i contagi erano concentrati in un’area dell’Italia, la nostra, come purtroppo sappiamo: abbiamo avuto tanti morti, è innegabile, abbiamo perso tantissime persone care, è vero, ma possiamo dire che queste persone hanno avuto tutte un letto d’ospedale, e sono finite, a Bergamo, nel posto migliore che si potesse sperare. Ora non è più cosi, i contagi sono generalizzati, tutta l’Italia è coinvolta in questa ondata e non tutte le zone d’Italia sono attrezzate. Soprattutto, con contagi così rapidi e diffusi, si rischia di intasarci per accogliere malati da fuori. E di non avere più letti nelle Terapie intensive, di dover spostare i nostri malati altrove, e che molti anziani muoiano prima ancora di arrivare in un ospedale. E all’estero, in altri Paesi come la Francia e la Germania non sono messi meglio».

Ecco quindi, aggiunge Lorini, che pensare a un imperativo «nessuno sopra i 60 anni veda nessuno» non è per dire che chi è in età avanzata non è produttivo, ma è un invito a riflettere sul fatto che isolare dai contatti sociali, familiari, in particolare, queste persone significa abbassare la letalità del virus di quasi il 90%. È un atto d’amore, un tributo a queste persone che, se si isolano, ci aiutano anche a ridurre la diffusione della pandemia». Non facile a farsi, però, oltre che a dirsi. «Ripeto, è un atto d’amore che dobbiamo a loro, o per i prossimi 20 anni non avremo più questa generazione – continua Luca Lorini – . Io ho un padre ultraottantenne, e saperlo da solo mentre pranza di domenica, in casa, senza vedere i suoi affetti mi fa sanguinare il cuore. Ma ho capito che è un bene per lui, so che rinunciando a pranzare con lui lo tengo al riparo dalla sofferenza, dalla malattia, dal rischio di morire. Ed è un bene per me: io voglio averlo ancora con me, l’anno prossimo, magari a ricordarci di quanto sta accadendo ora. Dovremmo provare tutti a riorganizzare le nostre famiglie. Perché è proprio nei contatti familiari, nelle riunioni conviviali, negli incontri dei nostri cari, che non percepiamo come pericolosi, perché se vediamo un parente o un amico pensiamo, ma “no, non può succedermi niente, lui lo conosco bene”, che si diffondono i contagi. Bisogna invece muoversi in fretta, e riorganizzare le nostre vite in modo da scongiurare i contatti con la fascia d’età più fragile: dobbiamo farlo subito, e far capire che è un atto d’amore. Basterebbero 5 settimane, in questo modo, per poter abbassare la curva dei contagi in modo sensibile».

E, rimarca Lorini, questo non significa che gli anziani devono barricarsi in casa. «Escano a fare due passi, ma non vadano a bere il caffè al bar, per esempio. Proviamo a organizzare loro la vita in modo che abbiano tutto quello che serve a casa loro, senza però che altri varchino la loro soglia. I giovani facciano la loro parte, possono fare la spesa per i nonni, possono sbrigare le loro necessità, ma all’esterno delle loro abitazioni, non devono entrare in contatto con loro. Come fanno le famiglie che hanno i nonni, lo zio, la zia, che portano i figli a scuola? Si fa così: immaginiamoli in vacanza, al mare, alle terme, in montagna. E organizziamoci in famiglia, supplendo noi agli aiuti che ci danno di solito. È un grande sacrificio per tutti, ma è un sacrificio che permetterà a tutti di stare di nuovo insieme. E a noi di non ritrovarci a Bergamo con 600 persone ricoverate per Covid: se torniamo a questi numeri, poi, i nostri cari anziani che si ammalano come li potremo curare?».

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