Meno medici e incognita tamponi
Ma la rete bergamasca tiene

Mancano ancora figure e strumenti che potrebbero rivelarsi indispensabili. Il mistero dei «tracciatori».

La ricetta per irrobustire la prima linea di difesa in vista della seconda ondata dell’epidemia è stata definita, annunciata e condivisa ad abundantiam. Con ingredienti ormai arcinoti: medicina territoriale (da potenziare), tracciamento dei contatti (da ri-organizzare), test diagnostici rapidi (da mettere a disposizione). Una ricetta da affinare – o meglio: che si sarebbe dovuta affinare – durante l’estate, quando la curva dei contagi ha concesso un’ampia tregua. Ebbene, eccoci: nel pieno della seconda ondata, com’è messa la prima linea di difesa bergamasca?

Meno medici che a febbraio

A sentire chi è già in campo – l’esercito dei 651 medici di base – qualche punto della trincea è stato ben saldato, qualcun altro invece è ancor più debole di marzo. Vedi alla voce medicina del territorio: «Siamo messi peggio che nei primi mesi dell’anno – osserva il presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo Guido Marinoni, fresco di rielezione –. Del resto non poteva che essere così, non ci aspettavamo nulla di diverso nel breve termine. Nel primo semestre sono andati in pensione 50 colleghi, alla fine dell’anno arriveremo a quota 102. Molti sono stati sostituiti, è vero: ma spesso con specializzandi che, pur validissimi e volenterosi, non hanno formazione e requisiti specifici, oltre a non conoscere i pazienti e le loro patologie. Insomma, non solo non è stata potenziata la medicina del territorio, ma siamo messi ancora peggio».

I tracciatori dove sono?

Altro punto cardine della linea di difesa: il tracciamento, o per dirla con gli inglesi contact-tracing. Quel lavoro che consente di intercettare, isolare e monitorare tutti coloro che sono stati a contatto con persone infette, per scongiurare contagi a cascata. la figura del tracciatore è stata istituita dal decreto «Aprile» e secondo un recente report dell’Istituto Superiore di Sanità citato dal Sole 24 Ore sarebbero 9.241 le figure a disposizione delle Regioni, di cui 1.310 in Lombardia. Ma quanti di questi assistenti sanitari stiano effettivamente lavorando nel dipartimento di Prevenzione dell’Ats di Bergamo non è dato sapere. Non è stato comunicato ai medici, nè tantomeno ai sindaci: «È un’informazione che stiamo chiedendo a più riprese da tempo – confessa Gianbattista Brioschi, presidente del distretto di Bergamo – ma non abbiamo mai avuto risposta». Per dire di quanto queste figure siano importanti, basta guardare fuori casa: con grande franchezza il direttore dell’Ats Milano Vittorio Demicheli ha recentemente annunciato che con centinaia di nuovi casi al giorno (ieri +1.054), il sistema di tracciamento milanese è andato letteralmente in crisi nonostante gli oltre 100 tracciatori al lavoro.

I dati meneghini sui contagi sono ben lontani da quelli orobici, è evidente, ma medici e sindaci chiedono di poter sapere se la macchina di contact tracing bergamasca è pronta e sufficientemente attrezzata – in termini di risorse umane – ad un’eventuale impennata di casi.

Tamponi più rapidi

E poi c’è il fronte diagnostico. Un fronte particolarmente articolato e che riserva qualche nota positiva: la capacità di elaborazione dei tamponi – dicono i medici in coro – è decisamente ampliata rispetto ai primi mesi dell’anno. «E difatti l’iter per l’effettuazione dei tamponi a bambini e studenti funziona molto bene – dice Mirko Tassinari, medico di base e segretario del sindacato Fimmg Bergamo – mentre per le altre categorie di cittadini possono volerci fra i 5 e i 7 giorni dalla richiesta. Se i contagi dovessero salire anche da noi sarà fondamentale puntare sui tamponi rapidi, che assicurano il risultato in pochi minuti». Test che però, in Lombardia, non sono ancora pienamente a disposizione: la gara per aggiudicarsene 1,2 milioni si chiude il 28 ottobre. E, anche se arrivassero il giorno stesso dell’aggiudicazione, ci sarebbe da mettere a punto tutta l’organizzazione: «La proposta di cui stiamo discutendo con Ats prevede che si facciano all’interno di tendoni, almeno uno per ambito – spiega ancora Tassinari –. Ma la macchina è ancora tutta da mettere in moto: serviranno un medico, un infermiere, un addetto amministrativo per l’inserimento dei risultati nel database. E servirà definire la platea a cui riservare questi tamponi rapidi». «Adesso i tempi d’attesa per la diagnosi sono ancora ragionevoli – aggiunge Ivan Carrara, medico di base a Sotto Il Monte – ma se la curva dovesse salire, dovremo fare in modo che possano accedere ai tamponi rapidi tutti i soggetti sintomatici». Una prima linea di difesa ancora ampiamente in costruzione, quindi. Nonostante medici, sindaci e cittadini sperassero di poter arrivare alla seconda ondata protetti da un fronte ben più stabile.

«Ma ricordiamoci che abbiamo qualche arma in più – assicura Maria Teresa Lorenzi, medico di famiglia a Ponteranica –. Ne cito due: piani terapeutici e ampio senso di responsabilità dei cittadini. Cose che a marzo mancavano del tutto».

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