Processo ultrà, prima udienza
Al centro il ruolo del capo, il Bocia

Nella prima udienza del processo per associazione a delinquere nei confronti di sei ultrà della Curva Nord, mercoledì 18 maggio, è emersa la figura di un capo assoluto: Claudio «Bocia» Galimberti, ai cui ordini si muove la tifoseria nerazzurra.

La notizia è risaputa, ma tre poliziotti della questura in aula hanno fornito gli esempi concreti, tra l’altro già emersi nel processone ai 143 tifosi conclusosi nell’aprile dello scorso anno e di cui questo dibattimento è una costola.

È Galimberti nell’agosto 2010, prima dell’assalto ultrà alla «Berghem Fest» di Alzano, a parlamentare con i dirigenti della questura e a prospettare loro la mal parata se l’allora ministro dell’Interno Maroni, ospite del raduno leghista e fautore della tessera del tifoso osteggiata dalla Curva Nord, non li avesse ricevuti:«Qui siamo tantissimi, non riesco a controllarli, sono tutti arrabbiati»”.

Ed è sempre agli ordini di Galimberti, stando alle deposizioni dei poliziotti, che nel maggio 2010 un nutrito gruppo di ultrà invade la strada e poi si introduce nel centro sportivo Bortolotti di Zingonia per chiedere le dimissioni dell’allora presidente Ruggeri. Ma il Bocia non è uno che impartisce solo ordini. Perché, ad esempio, partecipa direttamente agli scontri, come quelli di Atalanta-Catania del settembre 2009. È in quell’occasione che il capo ultrà al termine dei tafferugli fu visto fare un inchino verso gli avversari. Mi colpì perché era la prima volta che vedevo una cosa del genere – ha raccontato un agente -. Nella mentalità ultrà è un modo per dire che si è onorati che gli avversari abbiano accettato lo scontro fisico».
Prossima udienza il 31 maggio.

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