Proiettili datati: così sono finiti
nel mirino i due sessantenni

L’inchiesta sulle lettere minatorie a Confindustria: le munizioni calibro 6,25 uno dei motivi che hanno portato alle perquisizioni dei due ex Prima Linea.

Proiettili datati, quelli calibro 6,25 spediti con le lettere minatorie ai presidenti di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, e Bergamo, Stefano Scaglia, nel giugno 2020 dai fantomatici Nuclei proletari lombardi, secondo i quali gli industriali avrebbero ostacolato, per ragioni di profitto, l’istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano (circostanza smentita anche dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota). È anche questo particolare che ha indotto i pm della Procura di Brescia a iscrivere nel registro degli indagati per associazione con finalità di terrorismo e minacce aggravate due esponenti dell’estrema sinistra bergamasca con trascorsi in Prima Linea: G. F., 64 anni, di Pradalunga, e M. P. P., donna di 65, residente nel quartiere di Monterosso, condannati nel «processone» in cui vennero giudicati i fatti di eversione accaduti nella nostra provincia dal 1973 al 1980. Il primo aveva rimediato 6 anni, la seconda un anno e 8 mesi con la condizionale.

Munizioni datate. Dunque, secondo chi indaga, dovevano essere detenute da molto tempo. Nelle abitazioni dei due, dove gli agenti della Digos di Bergamo si sono presentati all’alba di giovedì, non sono però stati trovati proiettili di alcun tipo, né armi. Gli altri elementi che hanno portato a G. F e M. P. P. sono un incrocio di circostanze: il fatto che hanno trascorsi di militanza terroristica e il fatto che abbiano partecipato a manifestazioni di protesta contro chi sta gestendo l’emergenza pandemica (G. F. fa parte del Comitato popolare verità e giustizia per le vittime da Covid, M. P. P. ne è uscita).

I due sono attivi sui social, ma - sostiene la difesa - i post hanno toni di aspra polemica politica, non minacciosi o eversivi. G. F. in un post su Facebook il 23 febbraio scorso chiama a raccolta per il presidio di commemorazione e protesta davanti all’ospedale Alzano: «Oggi vogliamo che domani vada meglio, che nulla sia come prima, che il profitto venga dopo la salute, vogliamo che il lutto si faccia parola». E la sera stessa, nel ringraziare i partecipanti: «Verità e giustizia e che i responsabili la smettano di governare il nostro futuro e i lutti a venire».

G. F., ex operaio della Magrini, negli anni di piombo s’era dato alla latitanza e nel 1982 era tra i terroristi rimasti coinvolti in una sparatoria a Monteroni d’Arbia (Siena), dove erano rimasti uccisi due carabinieri e un militante di Prima Linea. Era stato catturato pochi giorni più tardi nel Viterbese. In seguito si era dissociato dalla lotta armata.

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