Serratura rotta, chiusa in bagno 24 ore
Donna delle pulizie liberata dai pompieri

Bergamo, brutta avventura per una signora di 56 anni. Sabato è rimata bloccata in una toilette senza finestra degli uffici in cui stava facendo le pulizie. Il cellulare rimasto in borsa. la madre il giorno dopo ha dato l’allarme e la donna è stata trovata.

Quando i Vigili del fuoco, domenica poco dopo le 13,30, sono riusciti ad aprire la porta usando la chiave di un’altra serratura, lei ha avuto quasi uno svenimento. Ormai disperava di liberarsi da quella «prigione» in cui si era inavvertitamente chiusa da sola, quasi ventiquattr’ore prima. A soccorrere la donna, D. I, 56 anni, di Bergamo, erano arrivati non solo i pompieri di Bergamo, ma anche un equipaggio dell’automedica di Seriate e un altro della Croce bianca di Bergamo inviati dal «118» e due pattuglie della sezione Volanti della Questura.

È stata sua madre, molto preoccupata, domenica nella tarda mattinata, a dare l’allarme: sapeva che la figlia nel pomeriggio di sabato si era recata a fare le pulizie nei locali di un’agenzia di consulenze legali in via Madonna della Neve, al civico 41, ma non l’aveva più sentita né l’aveva vista rientrare a dormire. E i timori, con il passare delle ore, sin dalla tarda serata, erano aumentati: la madre della donna, infatti, l’aveva chiamata più e più volte al cellulare, senza mai ottenere risposta. Aveva cercato di rintracciare qualche conoscente, qualcuno che potesse dirle cosa era accaduto alla figlia, ma non aveva potuto ottenere alcuna notizia. E quel telefono continuava a squillare a vuoto.

La madre della donna non poteva sapere che la figlia non era in grado di rispondere al telefono: il cellulare, infatti, era rimasto in borsa, a sua volta appoggiata su un tavolo dell’ufficio di via Madonna della Neve, quando la donna aveva interrotto le sue occupazioni per andare in bagno. Era entrata nel locale, che peraltro è cieco, senza finestra e, con un gesto automatico, aveva chiuso a chiave la porta. Quando ha cercato di riaprirla, la serratura si è inceppata: non c’era alcun modo di uscire, nonostante la donna avesse tentato con ogni espediente di forzare la porta. Ha urlato, la cinquantaseienne, a squarciagola, ma al sabato pomeriggio quei locali sono vuoti, non frequentati, e dal locale senza finestra non poteva sperare che qualcuno sentisse le sue grida di aiuto. E il telefono cellulare, che in questa circostanza sarebbe stato preziosissimo, era rimasto pochi metri più in là, oltre la porta sbarrata.

Alla donna non è rimasto altro da fare che rassegnarsi a trascorrere la notte chiusa in quel bagno cieco, e con il passare delle ore per lei cresceva l’angoscia ma nello stesso anche la convinzione che soltanto lunedì mattina, alla riapertura degli uffici, lei avrebbe finalmente potuto essere liberata. Una notte da incubo, per la «prigioniera», una notte da incubo per la mamma, che la chiamava al telefono senza avere risposta. La madre, alla fine, si è decisa ad avvertire il 118: temeva il peggio, un malore o qualcosa di ancora più grave. L’allerta, per fortuna, si è conclusa con un lieto fine: per la donna «imprigionata», dopo 24 ore di «clausura», tanta paura, molto stress, ma nessun problema grave di salute. E soprattutto, la libertà riconquistata.

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