«Torre dei Caduti, scelte del Comune ma restauro corretto»

Il caso. Sul colore dell’orologio, interviene Luca Rinaldi, soprintendente delle Belle Arti: «La doratura era scomparsa». E al sottosegretario Sgarbi chiede: «Ci sostenga».

Il restauro della Torre dei Caduti continua a tenere banco in città. Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi ha infatti risposto alla lettera dell’ex deputato leghista Daniele Belotti, che sottoponeva al critico d’arte la questione del cambio di colore dell’orologio del monumento dopo i lavori di pulizia effettuati dal Comune. Il «caso» era esploso sui social, dove foto e testimonianze avevano sollevato i dubbi: l’orologio, in origine, era color bronzo dorato o bronzato scuro, come apparso al termine del cantiere?. Sgarbi chiama in causa la Soprintendenza. «Credo che in Comune si siano trovati a prendere atto delle indicazioni della Sprintendenza», dice infatti in un passaggio, aggiungendo: «Conosco Luca Rinaldi come un professionista molto preciso, a lui chiederò conto di quanto avvenuto».

Leggi anche
Leggi anche

La Soprintendenza

Ora è proprio l’architetto Luca Rinaldi, soprintendente Archeologia Belle Arti Paesaggio, a dire la sua, con una premessa sul dibattito in corso: «Continua a sembrarmi una polemica politica locale». E sul fatto che la Soprintendenza sia stata chiamata in causa, ha le idee chiare: «È strumentale. La Soprintendenza è l’anello debole. In questi casi un attacco diretto alla Giunta sarebbe stato più complicato. Riferirsi al nostro operato strappa sempre una certa quota di consensi», dice riferendosi al fatto che il sottosegretario in qualche modo sollevi il Comune dalla responsabilità di aver deciso il colore dell’orologio. L’architetto Rinaldi, però, a proposito dell’influenza che la Soprintendenza avrebbe potuto esercitare su Palafrizzoni nella scelta, precisa: «Il cantiere è comunale, le scelte sono comunali, noi abbiamo dato l’assenso, ma nel progetto non c’era la rimozione della vernice gialla. In corso d’opera è venuto fuori che era un imbratto recente. Purtroppo la doratura era scomparsa. E il trattamento finale è corretto. La ditta di restauro è molto qualificata e l’ho seguita in altri cantieri». Sul rapporto personale con Sgarbi ricorda: «Lo conosco da più di vent’anni, da quando cioè sono Soprintendente». E non esita a «interpellarlo» su alcun i problemi aperti rispetto al nuovo incarico da sottosegretario alla Cultura nel governo Meloni: «Sono quasi sempre d’accordo sulle sue posizioni, anche se spesso prese fuori tempo massimo. Sono contento se si occuperà di patrimonio e tutela. Le Soprintendenze sono state depauperate e marginalizzate dall’ultima riforma, a tutto favore di altri settori del ministero, come i musei. Spero che la sua presenza contribuisca, oltre che a dare un chiaro indirizzo per gli interventi, a sostenere le posizioni dei nostri uffici».

Leggi anche

La posizione del Comune

Nel frattempo l’assessore ai Lavori pubblici Marco Brembilla, un po’ esasperato dall’eco che il restauro sta avendo, ribadisce: «I lavori sono stati corretti e da questo punto di vista sono tranquillissimo. Il bronzo dorato non era il colore originario dell’orologio, e nel frattempo era stato ossidato dagli agenti atmosferici». Difende quindi la tonalità più scura, anche se dice: «Se il sindaco mi ordinerà di ripitturarlo d’oro, sarà fatto. Ma si sappia che non sono assolutamente d’accordo, perché si tratterebbe di un falso storico». Dopo la Vedovella (ripitturata di verde, dopo il tam tam social), ora anche per l’orologio della Torre dei Caduti, quindi, non viene escluso un dietrofront. Per il monumento, poi, c’è un altro tema aperto, sollevato questa volta dall’Isrec: per l’istituto, infatti, il busto dell’aviatore Antonio Locatelli non dovrebbe trovarsi esposto tra i Caduti. Il sottosegretario Sgarbi anche su questo ha dato il suo parere, definendo il luogo inappropriato. Il Soprintendente si riserva di valutare e approfondire questo aspetto, mentre l’assessore Brembilla ricorda: «Il busto è stato messo con una delibera del Consiglio comunale approvata all’unanimità negli anni Cinquanta, quando in aula sedevano anche dei partigiani».

© RIPRODUZIONE RISERVATA