Violenza domestica, boom di chiamate. Nell’anno del Covid aumento del 56,6%

Nel 2020 balzo delle telefonate al 1522: «La convivenza durante il lockdown è stata un detonatore». Incrementi fra marzo e maggio e negli ultimi mesi dell’anno. Il questore: «Noi ci siamo, l’attenzione è altissima».

È la violenza più asfissiante e totalizzante, perché quotidiana e continua, e colpisce - fisicamente e simbolicamente - la sfera più intima. La convivenza forzata imposta dalla pandemia l’ha amplificata, ne ha annullato i momenti di tregua; se la violenza domestica pare essere cresciuta, è però anche cresciuto il coraggio: quello per chiedere aiuto, per iniziare a spezzare la spirale delle vessazioni. Nel 2020, l’anno del Covid, le telefonate al 1522 - il numero antiviolenza e antistalking promosso dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, gratuito e attivo 24 ore su 24, con operatrici specializzate nel sostegno delle vittime - hanno avuto un’impennata.

È accaduto ovunque, anche in Bergamasca: secondo l’Istat, nella nostra provincia le donne che hanno chiesto aiuto sono aumentate del 56,6% rispetto al 2019. In termini assoluti, dai 122 casi del 2019 si è passati ai 191 dello scorso anno: è il valore più alto dopo le 220 richieste d’aiuto del 2013, primo anno per cui sono disponibili statistiche.

«La convivenza forzata durante la fase di lockdown ha rappresentato in alcuni casi il detonatore per l’esplosione di comportamenti violenti, in altri l’aggravante di situazioni che già precedentemente erano violente, che hanno spinto, anche in contesti internazionali, a parlare di una doppia pandemia: epidemiologica e di violenza - si legge nel report dell’Istat -. Il servizio 1522 ha svolto nel corso del 2020 un ruolo centrale nel supporto alle vittime di violenza, in particolar modo nei periodi caratterizzati dal lockdown. L’incremento delle chiamate è avvenuto in coincidenza dei mesi che vanno da fine marzo a maggio e negli ultimi mesi del 2020».

L’impennata si è osservata a tutti i livelli: le richieste d’aiuto al numero antiviolenza hanno segnato un rialzo del 79% a livello nazionale e del 69,6% a livello lombardo (da 1.334 a 2.263 donne che si sono rivolte al 1522). Il quadro regionale mostra l’aumento più marcato in provincia di Como (131,6%), poi Varese (98,9%), quindi Milano (77,4%), Lodi (65%), Monza (56,8) e appunto Bergamo (56,6%, sesta posizione); solo a Sondrio le chiamate non sono aumentate (nel 2020 sono state 15, come nel 2019).

Ma il contatto col 1522 è solo il primo passo di un cammino lungo e complesso, che si affronta all’interno di una rete dai nodi stretti. Il 1522 porge alla donna che chiama tutte le informazioni di cui può aver bisogno; indirizza sui centri antiviolenza più vicini, oppure propone - in casi di emergenza - procedure operative condivise con le forze dell’ordine. Istituzioni, associazioni, volontariato, appunto forze di polizia e magistratura sono impegnate quotidianamente anche nel territorio bergamasco. «Noi ci siamo - sottolinea Maurizio Auriemma, questore di Bergamo -. Abbiamo siglato anche recentemente dei protocolli sul tema, l’attenzione da parte del personale è alta anche con una formazione specifica e continua. Le segnalazioni alla procura sono seguite con estrema vicinanza e sensibilità. È importante la sinergia tra tutti gli attori».

Il colonnello Alessandro Nervi, comandante provinciale dei carabinieri, porge una chiave di lettura delle statistiche: «Il dato dell’aumento delle chiamate non corrisponde a un aumento anche dei reati - rileva Nervi -. Proprio l’aumento delle chiamate può avere un riflesso positivo: vuol dire che c’è la consapevolezza, nel momento di pericolo, di potersi rivolgere ai canali di supporto. Il Covid ha certamente prolungato la convivenza e mutato i comportamenti familiari. Che ci sia diretta corrispondenza con l’aumento della violenza, però, non è dimostrabile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA