
Cultura e Spettacoli / Valle Seriana
Mercoledì 20 Agosto 2025
Armati in scena per una lezione di recitazione e comicità
FESTIVAL. Al Parco Osio di Selvino il 22 agosto la prima nazionale dello spettacolo «Tempo di guerra» di Carlo Maria Rossi che nasce dalla reazione ai conflitti del mondo.
Cosa succede quando un gruppo di militari irrompe in una sala teatrale dove un comico sta facendo il proprio numero di stand up comedy? È quello che succede nello spettacolo intitolato «Teatro di guerra» con cui dopo la breve pausa ferragostana riprende la Stagione di deSidera – Bergamo Festival. Lo spettacolo va in scena venerdì (ore 21.15) al Parco Osio (via generale Osio) a Selvino (in caso di maltempo al cinema Stella Alpina di via scuole). Scritto, diretto e interpretto da Carlo Maria Rossi, lo spettacolo vede in scena, con lui, anche Silvia Belluschi, Francesco Valle, Alessandro Davoli, Marina Croci, Filippo Samsa.
«Ho detto basta»
«Tutto è nato dal fatto – racconta Rossi - che un giorno mi sono detto: basta, non è più possibile sopportare di essere in questo clima di guerra, soprattutto due guerre, anche se in questo momento nel mondo ci sono in corso una cinquantina di conflitti, per cui mi sono detto basta non è possibile continuare a sopportare tutta questa dose di angoscia oltretutto fingendo di partecipare perché ovviamente c’è una bella differenza tra essere sotto un bombardamento e vederlo in televisione e fare i benpensanti. Non è possibile che un commediante, un comico non abbia niente da dire. Anche se la situazione è più una tragedia che una commedia non di meno credo che noi commedianti abbiamo il diritto se non il dovere di dire qualcosa. Possibilmente non come fanno tutti cioè schierarsi da una parte o dall’altra senza subirne le conseguenze, per cui ho detto basta».
Cinismo ed equivoci
«Allora – prosegue Rossi - mi sono immaginato questa storia un po’ assurda in cui c’è un comico, uno di quelli che chiamano stand up comedian, che inizia il suo pezzo che appunto ha per tema la guerra. Un pezzo molto cinico tipico di molti stand up comedian anglosassoni un pezzo basato sul fatto che l’industria della guerra è quella che funziona di più. Addirittura dà anche dei consigli al pubblico dicendo: se avete dei figli indirizzateli verso quel settore perché lavoro ce ne sarà sempre. Ovviamente è un comico e può permettersi di fare queste battute. Se nonché a un certo punto, durante il suo pezzo, la guerra irrompe sulla scena perché arrivano quattro soldati con fucili mitragliatori e pistole e iniziano a sparare, a salve ovviamente, però fanno dei bei botti, questi arrivano e occupano la sala. Non è dato sapere esattamente chi siano perché tra loro parlano una lingua sconosciuta mentre con il pubblico parlano in un italiano fluente. Il comico però viene totalmente ignorato da questi finché a un certo punto lo notano, si chiedono chi sia questo personaggio che è vestito un po’ come si veste Zelenski in una foggia militare per cui sembra confondersi con gli occupanti. Quando arriva il capo del gruppo (che sono io) cominciano a chiedersi chi sia questo personaggio. Scoprono che non è dei loro e lui cerca con delle scuse di scappare e invece lo prendono e lo interrogano. Scoprono così che è un comico e vogliono sapere da lui come si fa a fare il comico, per cui l’attore, il comico è costretto ad adattarsi alla situazione e quindi a tenere una serie di lezioni sull’arte comica, dando dei consigli , ecc. e tutti questi militari si cimentano, alcuni volentieri, altri molto meno».
È questo quindi il teatro di guerra dove i terroristi imparano a recitare con il pubblico?
«Sì queste lezioni vanno avanti e il meccanismo è quello che funzionano quando non funzionano che è un meccanismo tipico del genere comico. Poi bisogna vederlo. A Selvino facciamo un’anteprima nazionale e credo che stiamo arrivando al punto giusto di cottura. Abbiamo fatto una prova aperta a Milano con una quarantina tra amici e esperti e sono abbastanza contento, è uno spettacolo in cui credo molto perché la guerra di cui si tratta non è solamente la guerra guerreggiata ».
Più comico o più drammatico?
«Diciamo che è un bel misto. La morale finale che è quella che fa il capo del gruppo verso la fine è questa: la guerra è inevitabile nella vita, la guerra non è solo un frangente particolarmente doloroso. Se ci pensiamo bene uno come Gandhi ha fatto la guerra alla guerra, ha dovuto combattere molto per essere non violento, la non violenza di Gandhi era una guerra. Come diceva Totò “non può fare il comico chi non ha fatto la guerra con la vita”. Ho capito una cosa nella vita che schierarsi per schierarsi non significa nulla, uno deve partire da se stesso e dalle cose che ha intorno».
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