I Pinguini con Bugo a Sanremo
Il festival: «Non sarà un’avventura»

La band bergamasca torna all’Ariston nella serata delle cover. «Una grande emozione, è stato l’ultimo momento di pace prima del delirio Covid».

Tornare a Sanremo è «Un’avventura» per i Pinguini Tattici Nucleari. Nella serata delle cover, giovedì 4 marzo, cantano con Bugo, lungi da ogni tentazione destrutturante alla Morgan.

Il brano è uno spettacolo degli anni Sessanta, un pezzo del primo Battisti, quando lui orecchiava il rhythm’n’blues e Wilson Pickett faceva il diavolo a quattro sulla scena internazionale e arrivava in Riviera da star. Il viatico giusto per Lucio, bel biglietto da visita per il cantante di colore.

I Pinguini tornano sul luogo del «delitto» a un anno di distanza e c’è da plaudire ai loro successi, a Sanremo, nelle classifiche, nella vita. Insomma, i ragazzi di Bergamo hanno fatto l’en plein nell’arco di dodici mesi. Per evidenti ragioni hanno sì rinunciato al tour sold-out nei Palazzetti, ma hanno lavorato da casa, hanno lasciato che le loro quotazioni salissero sino alla luna e i loro dischi diventassero di platino, compreso l’ultimo Ep «Ahia!».

Tra l’altro Riccardo Zanotti ha licenziato il suo primo bel romanzo: stesso titolo, inventiva estrosa, scrittura molto convincente. Mentre i Pinguini con Elodie hanno firmato anche i cartigli dei Baci Perugina. Dopo un primo comprensibile disorientamento, i Pinguini si sono rimessi al pezzo senza perdersi, in sintonia con lo slogan che ci ha accompagnato, dandoci un briciolo di orgogliosa energia: «mola mia!».

Dopo un anno siamo quasi tutti a metà strada di un cammino ancora lungo e tortuoso. Il Covid non se n’è andato, ma i Pinguini tornano allo Studio Ariston per questo Sanremo da storia della televisione.

«Tornarci è sicuramente una grande emozione», spiega il cantante e compositore Riccardo Zanotti. «Un po’ perché Sanremo è stato l’ultimo momento di pace e tranquillità prima del delirio dettato dal Coronavirus, un po’ perché quella vetrina resta l’evento discografico più importante in Italia. Per gente come noi che intende fare questo mestiere resta un’occasione unica per salire su un palco e cantare di fronte a tanta gente. Gente che ci manca molto. Di live non ne abbiamo fatti in questo ultimo anno. Tornare al Festival è importante anche perché la nostra fase pop è partita proprio dalla kermesse sanremese e tornare sui nostri passi ci mette di fronte anche ai dubbi che avevamo. Stavolta andiamo a cuor leggero, con la voglia di godercela, senza affanni».

Perché è stata scelta la cover di Battisti?

«Almeno per tre ragioni: la più banale riguarda l’importanza assoluta di Lucio Battisti, artista importantissimo per la musica italiana e la storia stessa del Festival; la seconda riguarda il fatto che quella canzone è stata suonata sul palco di Sanremo ed è finita dritta nella memoria collettiva di tutti. Era il ’69. La terza ragiona riguarda il testo che fa: non sarà un’avventura, ma qualcosa di serio. E vogliamo riferirlo alle nostre carriere. L’ultima volta all’Ariston sono successe cose abbastanza spiacevoli, stavolta Bugo torna per lasciare il segno su quel palcoscenico».

Che pensate di quel diverbio artistico?

«Tale è stato. Poi la maleducazione ha preso il sopravvento. Noi Pinguini abbiamo riconosciuto in Cristian (ndr.: Bugatti) una persona molto ironica, vispa, intelligente, acuta. Una figura artistica che ci piace molto. Dunque non accadrà niente di lontanamente avvicinabile a quel che è accaduto l’anno scorso. Mi dispiace di quel che è successo con Morgan, ma devo dire che Bugo l’ha presa con grande ironia. Oggi è molto leggero su quell’accadimento. Diciamo che è acqua passata».

E i piccoli versi da bacio?

«Quanto ai cartigli, devo dire che è stata un’esperienza curiosa. Con Elodie ci siamo messi alla prova con qualcosa di diverso. Quella delle frasi per i Baci è una tradizione italiana. Entrare così a piè pari nella tradizione non è stato affatto male, non è stato neppure semplice. Abbiamo scoperto che mettere qualcosa in contesti che non sono nostri ci piace e non poco. Si va sempre ad aggiungere qualcosa. Con i cartigli ci siamo divertiti, senza smarrire quel senso d’ironia che ci accompagna e ci accompagnerà».

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