La libertà «seducente e tormentosa», una settimana di meditazioni a Loreto

Il percorso. Fino al 7 ottobre gli incontri con don Massimo Grilli, docente emerito di Sacra Scrittura alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, nella sala ipogea della parrocchia. Un excursus nella Bibbia.

Nell’immaginario contemporaneo i legami interpersonali e le appartenenze «forti» sono spesso visti con sospetto, come se mettessero a rischio la libertà individuale, riducendo il campo delle future possibilità di scelta. «Oggigiorno – affermava qualche anno fa il sociologo Zygmunt Bauman in un’intervista concessa al nostro giornale –, le relazioni intersoggettive si lasciano descrivere come un network, una rete a geometria variabile, assai meglio che con i vecchi riferimenti a istituzioni o strutture stabili nel tempo. Il network, per la sua duttilità, è senz’altro un buon campo di gioco, ma non garantisce alcun riparo ai giocatori meno fortunati. L’offerta di un’emancipazione totale dai vincoli interpersonali ha un risvolto sgradevole: questa emancipazione si paga con un crescente sentimento di insicurezza e solitudine».

Don Massimo Grilli, docente emerito di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, ricorre a una citazione letteraria per indicare questa stessa tendenza: «Nel 1980 – ricorda – Umberto Eco pubblicò il suo fortunatissimo romanzo “Il nome della rosa”. Nel finale, l’abbazia in cui è ambientata la storia viene distrutta da un incendio: il monastero simboleggia la coesione della cultura e della spiritualità medievale, ma anche l’insieme dei principi filosofici e politici (come la fiducia nella ragione, nella scienza, nel progresso) che erano andati prevalendo nell’età moderna. In un contesto ormai postmoderno, in cui tale fiducia sembra venire meno, noi dobbiamo considerarci più o meno liberi di coloro che ci hanno preceduto?».

Da oggi a venerdì 7 ottobre, su invito di Odòs – Gruppi di lettura continua della Bibbia, don Grilli condurrà a Bergamo, presso la parrocchia di Loreto, una serie di meditazioni sul tema «La libertà nella Bibbia»: «Un raffronto tra il pensiero contemporaneo e quello biblico – afferma lo studioso – illumina le ambivalenze della condizione umana, le oscillazioni per cui noi diciamo di aspirare alla libertà, ma nello stesso tempo ne abbiamo paura. Con le parole del cardinale inquisitore, protagonista di un celebre racconto di Dostoevskij: “Nulla è per l’uomo più seducente che la libertà della sua coscienza, ma nulla anche è più tormentoso”».

Nell’Antico Testamento come viene pensata la categoria della libertà? È oggetto di una trattazione teorica, come avveniva nella filosofia greca?

«No, negli scritti veterotestamentari non compare un termine corrispondente al greco eleutherìa. Qui non troviamo un’analisi del concetto di “libertà”, in senso astratto, ma dei racconti di percorsi di liberazione, a partire da quello di Israele dalla schiavitù in terra d’Egitto. Tali percorsi sono narrati con un lessico che rimanda alle categorie teologiche della salvezza e della redenzione: vero artefice della salvezza-liberazione è solo Dio».

E per quanto riguarda il Nuovo Testamento?

«Nel Nuovo Testamento, Paolo eredita e sviluppa questa modalità di pensiero: nella figura dell’ebreo Gesù egli scorge l’inveramento di una promessa di salvezza che già attraversava l’Antico Testamento. Per questo lo stesso Paolo nella sua “Lettera ai Galati” – che alcuni hanno definito “la Magna Charta della libertà cristiana” – usa la formula “chiamati a libertà”: “Voi, infatti, è alla libertà che siete stati chiamati, fratelli” (Gal 5,13)».

Una visione per cui l’uomo non potrebbe pervenire con le sue forze alla liberazione non rischia di risultare «deresponsabilizzante»? Spesso si è accusata la religione di costituire un «oppio del popolo», di indurre le persone a rassegnarsi alle ingiustizie del tempo presente.

«La salvezza annunciata nella Bibbia non riguarda solo il cielo o le anime: Dio agisce già sulla terra, qui e ora, e la sua azione può essere riconosciuta proprio in quei “frammenti di liberazione” a cui gli uomini, impegnandosi, contribuiscono a dare forma. Lo testimonia il vocabolario biblico della salvezza, che sia nell’Antico, sia nel Nuovo Testamento viene applicato alle guarigioni dalle malattie, al superamento di ostacoli e pericoli, alla reintegrazione nella comunità di coloro che ne erano stati esclusi, al ristabilimento di relazioni fraterne tra le persone. In questo senso un grande teologo del secolo scorso, Yves Congar, riflettendo sul tema della “Chiesa sacramento di salvezza”, sosteneva che, proprio in quanto “sacramento”, essa “non ha in sé il suo fine”, ma esiste per il mondo. Detto diversamente: la salvezza di cui la Chiesa è segno non consiste nel salvataggio di alcune anime da una catastrofe finale in cui il resto dell’universo sarebbe destinato a perire. È la salvezza della creazione e dell’umanità: alla Chiesa la loro storia non può risultare estranea, così come non può essere estraneo a questa vicenda il Cristo, attraverso il quale tutte le cose sono state create».

Gli incontri che padre Massimo Grilli condurrà nella sala ipogea della Parrocchia di Loreto – in via Padre Massimiliano Kolbe, 3 a Bergamo – andranno da oggi al prossimo venerdì 7 ottobre, dalle ore 9,30 alle ore 11,30; la quota di iscrizione è di 20 euro (per ulteriori informazioni, telefonare al numero 348.6955813).

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