Melania Giglio: in scena a Treviglio la complessità di Amy Winehouse

LO SPETTACOLO. Continua la stagione al Teatro Nuovo di Treviglio con «Amy Winehouse - L’amore è un gioco a perdere», spettacolo di e con Melania Giglio, grande nome della scena contemporanea qui alle prese con l’interpretazione della straordinaria Amy Winehouse.

Mercoledì sera 31 gennaio sul palco si ripercorreranno gli ultimi giorni di vita della grande cantante prematuramente scomparsa, tracciando i momenti umani e musicali più significativi di un’esistenza fatta di enorme successo professionale ma anche di profonde delusioni affettive. Aspettando di vederla in scena, abbiamo fatto qualche domanda a Melania Giglio.

Da protagonista la vedremo recitare ma anche riproporre vocalmente molti brani iconici. Che genere di spettacolo ci dobbiamo aspettare?

«Lo definirei uno spettacolo di teatro musicale, quindi di prosa ma in cui l’aspetto musicale ha una grande importanza. Le canzoni sono sempre e comunque inserite nella drammaturgia. Gli altri due attori che recitano con me, Marco Imparato e Lorenzo Patella, sono anche strumentisti e grazie a loro prenderà vita un arrangiamento musicale molto particolare».

Perché proprio Amy Winehouse?

«Perché mi ha sempre colpita il contrasto fra il suo grande talento musicale, vale a dire il modo assolutamente nuovo che aveva di cantare e di comporre che l’ha resa unica nel mondo, e una fragilità interiore incredibile. Mi interessava studiare come una persona con quel dono possa sentirsi così sola e infelice. Inoltre volevo rendere un po’ giustizia a lei e alla sua storia, ai chiaroscuri, alla complessità. Ad esempio ancora in troppi pensano sia morta di overdose perché era tossicodipendente, ma non è così».

Il genio artistico, la voce ineguagliabile, il talento innovatore ma anche le dipendenze e la fragilità. Come si è preparata ad entrare nel personaggio?

«Ho letto molte biografie e ho visto i documentari che sono disponibili sulle varie piattaforme, ma la testimonianza che mi ha colpita di più è stata la biografia scritta da Tyler James, suo migliore amico dall’infanzia e per tutta la vita. La sua è la testimonianza di qualcuno che la conosceva intimamente, tant’è che ho scelto di inserirlo sul palco come personaggio. Quanto ai brani musicali, per cantare qualcosa senza che sia una mera imitazione, da attrice mi immedesimo in Amy, provo empatia per il suo dolore e poi ne do un’interpretazione vocale mia».

Sul palco recitate in una sorta di gabbia scenografica, il pubblico vi osserva dietro una grata. L’appartamento londinese di Amy, in cui ambientate lo spettacolo, era da lei vissuto come una prigione e al contempo un rifugio?

«Sì, ma si allude anche alla gabbia della dipendenza da droga e alcol, alla gabbia del non riuscire a vivere e del non riuscire ad amarsi. Poi, certo, Amy era braccata dai paparazzi, appostati fuori casa giorno e notte, quindi era anche uno spazio in cui difendersi dal fuori. Viveva come una reclusa, aveva sempre con sé la guardia del corpo perché si sentiva aggredita. La fama per lei è stata un’esperienza devastante; avrebbe solo voluto fare musica».

Qual è la sua canzone che preferisce interpretare?

«Mi piace tanto quella che dà il titolo allo spettacolo, “Love is a Losing Game”, sia cantarla che in generale; la trovo una canzone meravigliosa, poi abbiamo creato un arrangiamento al pianoforte molto inusuale e che rende il finale davvero struggente».

Le ultime ore di Amy lei se le è immaginate piene di vita, indimenticabili.

«Esatto, perché è proprio documentato che lei in quel periodo avesse ripreso a comporre e a lavorare a nuovi progetti musicali come quello di produrre altri artisti. La telefonata (il cui contenuto non sveliamo) che le dona luce ed entusiasmo in scena è anch’essa vera e rivelatrice di una chiara voglia di ricominciare».

Uno spettacolo che parlerà a molti e che sembra in grado di attrarre tipi davvero diversi di pubblico. È così?

«Ci troviamo sempre di fronte a un pubblico fortemente eterogeneo e poco settoriale: vengono persone che amano il teatro di prosa, persone che amano la musica da fruitori ma anche professionisti come musicisti, cantanti, compositori e critici musicali. Poi chiaramente persone più giovani che Amy l’hanno amata e ascoltata. Una cosa che mi fa piacere e non smette di stupirmi è come spettatori di tutte le età si appassionino alla storia di questa donna, alle sue debolezze e alla sua volontà di vincerle, pur sapendo già che non ce la farà».
Serena Nannelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA