Muti al Donizetti: «Omaggio a Bergamo
e a coloro che soffrono per la pandemia»

Registrato mercoledì il concerto dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini che sarà trasmesso in streaming il 21 marzo. Il Maestro: «Aprite i Teatri, sono luoghi sicuri, le nuove generazioni si trovano senza cibo culturale e spirituale».

«Sono ritornato a Bergamo perché è la terra di Gaetano Donizetti, perché da qui è cominciata tutta la tragedia della pandemia. Anche per questo dovevamo essere presenti con l’Eroica di Beethoven, una sinfonia che suoniamo sempre in luoghi di dolore o per commemorare momenti di tragedia». Riccardo Muti parte con una dichiarazione d’affetto per Bergamo, spiega del suo legame e della sua presenza ieri in città nel nuovissimo Teatro Donizetti, tirato a lucido con poltrone e palchi rinnovate ad hoc, purtroppo vuote. L’operazione Banca Bper e Ravenna Festival, per la tournée dell’Orchestra Cherubini è stata realizzata ieri pomeriggio nel teatro cittadino, e sarà trasmessa il 21 marzo in streaming (su ansa.it o ravennafestival.live.) libera per tutti, accessibile per 30 o 60 giorni (su bper.it,).

«Bergamo è una città votata alla musica - continua il direttore napoletano - ci sono stati Donizetti, il maestro Gavazzeni… Qui ho diretto per la prima volta nel 1966, era il mio primo concerto: avevo un’orchestra di militari cecoslovacchi. Muovere le braccia non significa dirigere un’orchestra - chiarisce subito, un po’ ironico - a battere il tempo sono capaci anche gli asini. Fare musica è un altra cosa, è difficile. Molti pensano che dirigendo si evita di sbagliare le note suonando uno strumento, ma non è proprio così». Spiega anche la scelta di partire da Bergamo per questa «tournée in streaming» prima in Italia. «Suoniamo in questa città per rendere omaggio alla sua sofferenza, e poi per render omaggio a tutti quelli che hanno sofferto e soffrono per questa situazione. Poi andremo a Napoli, al teatro Mercadante, di cui eseguiamo pure un brano, e quindi a Palermo».

Ha quasi 80 anni ma il direttore d’orchestra è in forma smagliante: «La mia attività - prosegue - continuerà con la Filarmonica di Vienna a maggio, poi con Chicago Symphony Orchestra, di cui sono direttore musicale, perché contiamo di ripartire a settembre con i concerti. Da mesi siamo impegnati in progetti, con una stagione concertistica da camera, per trii, quartetti quintetti e cosi via. Al Festival da Salisburgo dirigerò la Missa Solemnis di Beethoven».

Gli si chiede un parere sul suo collega Maurizio Pollini, che ha fatto un appello per vaccinare tutti gli artisti. «Io credo che si debbano vaccinare presto tutti. Certamente stiamo andando troppo lenti. Io ho fatto il vaccino, probabilmente perché sono del ’41 - scherza -. Il punto per me è che i teatri sono uno dei luoghi più sicuri. È davvero uno strano modo di procedere il nostro ,in Italia. In generale sappiamo che nei teatri la gente non parla - ironizza -, come mai non si vuole capire che i teatri sono posti sicurissimi? In Giappone tanti ragazzi parteciperanno alle mie lezioni sul Macbeth, in aprile. Perché in Italia questo non è possibile? Chi ha dimostrato che seduti a distanza il virus è virulento?» incalza.

«Apriteli questi teatri - esclama con decisione - non lo dico per me, io la mia carriera l’ho fatta. Lo dico per le nuove generazioni, che si trovano senza cibo culturale e spirituale. Questo significa portare il Paese allo sbaraglio. Certo, non si deve morire di fame, e nemmeno di Covid. Ma il problema è che anche l’assenza di cibo spirituale è la morte psichica di una società. In Spagna non hanno mai chiuso i teatri. Qui in Italia invece è un problema. Non ho capito questo fatto. In teatro ci sono le precauzioni, non credo di essere un superficiale nel fare queste affermazioni».

In teatro la prova di Muti è uno spettacolo di per sé. Entra dal fondo della platea, e chiede «più luce». «Si può avere più luce, sembra un funerale… come fanno i ragazzi a suonare così?» chiede ai tecnici con un tocco di humor. L’atteggiamento è affabile e familiare con i cinquanta giovani strumentisti della Cherubini, tutti under 30. Però il lavoro della prova è duro, «non lascia passare nulla - dice poi Carolina Caprioli, violinista bergamasca -, un’ora e tre quarti di esecuzione, tutti filati, senza una pausa».

«Prendo due metri di distanza - dice il direttore scherzando, prima di cominciare - così posso togliermi la mascherina». Si muovono fili della Sinfonia di «Don Pasquale» di Donizetti, e Muti tesse luci e trame sonore leggiadre. L’orchestra è docile, il maestro tratteggia ironia e toni buffi come un sarto che si muove a occhi chiusi nelle sue tele, tra i colori e le dinamiche. Fa della sinfonia donizettiana un cameo-capolavoro. I violini scherzano e lusingano, lasciando indecisi se sia vera seduzione o gioco a sedurre. Il lavoro sull’Eroica di Beethoven non è meno minuzioso, anche se assolutamente «economico»: l’orchestra si muove esattamente come vuole Muti, gli interventi sono quelli che servono, niente di più, nulla di meno. Un’esecuzione palpitante, da brividi. Anche se si potrà vedere in streaming, è un’esperienza da cogliere al volo. Non sarà la stessa cosa, certo, ma non c’è nemmeno il costo del biglietto.

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