Lui 85 anni, lei 80: malati e ritrovati
«Lacrime di gioia», ora sono a casa

Andrea e Alessandrina di Cisano colpiti dal Covid a pochi giorni di distanza e portati a Zingonia. «Commosso quando l’ho rivista in riabilitazione».

«Io sapevo solo che mia moglie stava malissimo, quando l’hanno portata via da casa, e poi io sono finito nel suo stesso ospedale, con il Covid come lei. Una pena, pensare ogni momento a lei, e sentirmi allo stremo delle forze. Poi quando sono stato un po’ meglio mi hanno detto che mi spostavano in un altro reparto. L’infermiera mi ha preso sottobraccio e mi ha portato al 3° piano, fino alla porta della stanza: e lì l’ho vista, la mia Alessandrina. Che abbraccio, che bacio che ci siamo dati. Tanto, il Covid l’abbiamo preso tutti e due, non ci avrebbe separato più niente».

Andrea Bonacina, 85 anni, di Cisano, una vita a lavorare come metalmeccanico per sostenere la sua numerosa famiglia, piange ancora di gioia al telefono mentre racconta quelle tre settimane di angoscia con la moglie di 80 anni malata e lui anche, nello stesso ospedale, al Policlinico di Zingonia. Ora sono tornati a casa insieme, guariti. «Tutto sommato stiamo bene, adesso. I medici del Policlinico e anche tutti gli infermieri sono stati davvero fantastici. E anche il Comune, che pensa a noi e ci porta i pasti, mezzogiorno e sera, ed è roba buona e abbondante. Certo, aspettiamo ancora che ci chiamino quelli dell’Ats, devono farci i tamponi. Comunque, intanto siamo felici: da lunedì siamo a casa nostra, di nuovo insieme. Ma che paura, come un film del terrore».

È cominciato tutto a fine marzo, racconta Andrea Bonacina: «La mia cara Alessandrina all’improvviso si è sentita male. Al mattino diceva che si sentiva fiacca, tanto stanca e alla sera è svenuta. L’ho aiutata, l’ho messa a sedere su una poltrona, ma poi il giorno dopo è cominciata la febbre, è andata avanti qualche giorno con la tachipirina, ma niente, sempre 39,5 e respirava molto male. Ho chiamato i miei figli, ho detto che così non poteva andare avanti. E l’hanno ricoverata. Doveva andare a Ponte San Pietro, ma quando è arrivata lì non c’era modo di entrare al pronto soccorso: troppa gente. Ed è finita a Zingonia. E io a casa da solo. Che tanto bene non stavo, neppure io». Era il 25 marzo. Andrea, nel frattempo, peggiora anche lui: febbre ,alta, lui isolato perché nel frattempo la moglie era risultata positiva al Covid, e poi la fame d’aria.

«Ho detto a mio figlio Giancarlo, il maggiore: “Guarda che io ho la stessa malattia della mamma, mi sa”, devo andare in ospedale, subito, sto male». E mi hanno portato a Zingonia. Non sapevo dove fosse la mia Alessandrina, io ero al quinto piano, poi ho chiesto, dopo un po’, se c’era mia moglie, mi hanno detto che era al piano sotto di me. Ma non mi dicevano più di tanto. Io non ho mai avuto bisogno di ossigeno, non ero gravissimo, lei, l’ho saputo dai miei figli, invece stava male: ho scoperto dopo che è stata tre settimane sotto l’ossigeno. Non ho mai smesso di pensare a lei, ero spaventato e confuso, capivo poco. Ce la siamo vista brutta».

Alessandrina, al telefono, esita: «Mi sembra ancora tutto così irreale, racconta tu Andrea, che io sennò mi commuovo». Dopo Pasqua, le condizioni dei coniugi si stabilizzano, Alessandrina viene trasferita in riabilitazione. Poi, tocca ad Andrea. «L’ho accompagnato io al terzo piano – dice Katia Rovaris, caposala dalla riabilitazione Covid del Policlinico di Zingonia – .Sapevamo di questa coppia di anziani ricoverati, quando è stato possibile li abbiamo messi in stanze vicine. Quando Andrea ha visto la moglie mi sono commossa anche io, che pianto di gioia che ci siamo fatti. tutti insieme». Nei giorni successivi Alessandrina e Andrea hanno potuto farsi forza a vicenda: provavano a fare qualche beve giro insieme, nei corridoi, si sono accarezzati, hanno potuto finalmente raccontarsi a vicenda quanto timore avevano avuto di non rivedersi più. Poi, l’annuncio, lunedì: si tornava a casa. «Erano entrambi in condizioni soddisfacenti – continua la caposala – . Ora dovranno rispettare la quarantena, e fare il tampone. Ma restare isolati in casa, per una coppia così unita, che si è peraltro ammalata in contemporanea, sarà meno complicato». E Andrea infatti ora dice che non lascia la moglie neppure un secondo: «Noi due abbiamo affrontato sempre tutto insieme. I nostri figli, ne abbiamo 4, Gianfranco, Marco, Elisabetta e Luca, tutti sposati, in questo periodo non si sono risparmiati per aiutarci, e possiamo guardare con fiducia al futuro, tutti insieme. Cosa vorremmo fare, mia moglie e io, appena tutto sarà finito? Una gran bella mangiata al ristorante, con i nostri quattro figli e i nostri 7 nipoti».

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